• venerdì , 19 Aprile 2024

Leave over remain

Ci si addormenta con i sondaggi che danno il remain vittorioso sul leave e ci si alza con il panico che dilaga sui telegiornali, nella rete, nei mercati. Si prevede una catastrofe economica, un aumento della povertà, il rischio pensioni.

Si prevedono punti di PIL in meno, effetti sugli scambi, riduzioni del potere d’acquisto. Come sempre gli effetti vengono poi dilatati dall’emotività. Ma aldilà dei fondati scenari apocalittici, è giusto interrogarsi se l’esito inatteso possa essere la scintilla per un nuovo inizio. Sicuramente il risultato del referendum in Gran Bretagna non può che essere risultato come un avvertimento ai leader europei di una possibile disgregazione di un’Unione mai veramente tale. Da questo punto di vista dunque potrebbe essere stata anche la sua salvezza: in questi giorni, infatti, i Paesi fondatori (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Olanda) si incontreranno per discutere sul futuro dell’Europa, certi che l’Unione così come la si conosce non durerebbe più di sei mesi se non si contrastano i nazionalismi crescenti in metà continente (nel 2017 ci saranno elezioni in Francia, Germania e, in caso di esito negativo del referendum e dimissioni del premier, Italia). Potrebbe risultare da questo summit la creazione di un’Europa a due velocità, con i sei Paesi fondatori che dovrebbero giungere ad un’unione totale dal punto di vista bancaria e fiscale.

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All’indomani della fatidica decisione l’Europa si divide fra falchi e colombe, fra chi vuole “farla pagare” al Regno Unito (un partner tradito è più pericoloso di un corteggiatore respinto) e chi vuole un trattamento più morbido: Francia e Germania vogliono, come le istituzioni europee, negare agli inglesi i diritti che avevano acquisito mentre erano nell’Unione Europea (come l’accesso al mercato unico, trattamento riservato a Norvegia e Svizzera) e troncare ogni rapporto a livello europeo il prima possibile, mandando così un messaggio ai partiti anti-europeisti. I Paesi dell’est tendono invece a proporre un atteggiamento più soft, per mantenere dei buoni legami. L’Italia, non essendo così legata all’UK, mantiene un certo distacco da Parigi e Berlino, comprendendo tuttavia che si necessita di un’azione forte.

Tuttavia divisa non è soltanto l’Europa, ma anche il Regno Unito stesso: il 75% dei giovani ha votato remain, mentre il 61% degli over 65 leave, decidendo così il futuro dei giovani (confrontandolo con la stima di vita media quelli che ne subiranno per circa 16 anni le conseguenze hanno imposto il loro volere a quelli che lo subiranno invece per 69 anni).

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Quindi l’Inghilterra si è trovata davanti ad una nuova “Civil War”, un conflittogenerazionale. E non c’è solo una differenza riguardo agli anni di nascita e alla cultura ricevuta, bensì anche una geografica: la Scozia, “fedele” all’UE (con l’ampio consenso del 65% della popolazione), minaccia nuovamente l’indipendenza per rimanere attaccata al Continente, con la sua presidente, Nicola Sturgeon, che farà “tutto il possibile perché la Scozia resti nell’Unione Europea e nel mercato unico”. Anche nell’Irlanda del Nord è stata avanzata la proposta di un referendum atto all’unificazione col resto dell’isola in quanto “il governo britannico ha perso ogni mandato per rappresentare gli interessi economici e politici della gente in Irlanda del Nord” (Declan Kearney, presidente dello stato nordirlandese).

Ma non è detta l’ultima parola. Gli inglesi possono ancora annullare gli esiti potenzialmente fatali con una petizione già partita in cui si chiede di rifare il referendum in quanto, per una decisione così importante, una delle due parti deve avere almeno il 60% dei consensi. Inoltre questa espressione di democrazia, secondo la legge inglese, non è vincolante e, benché improbabile, le Camere potrebbero non ascoltarla. Bisogna quindi sperare nel buonsenso inglese, se ancora ne resta, e, in caso di esito definitivo, che dopo questa sconfitta l’Europa si “rottami”, tornando a lavorare su quegli ideali che nel 1952 (sotto il nome di CEE) portarono alla sua nascita.

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