• giovedì , 25 Aprile 2024

Non vas bien, Fidel

Forte, coraggioso, altruista e pieno di ideali. Così l’eroe guida il proprio popolo nella società Odierna fin dalla classicità. L’eroe si appresta a radunare uomini e donne con voglia di rivalsa, li addestra, li eccita nell’animo e combatte in prima fila insieme a loro per raggiungere uno scopo unico. Il quale è sempre lo stesso, liberare la propria nazione. Infatti non si può parlare di eroi, quando si vuole invadere un altro territorio, per quanto essi siano valorosi e degni di lode, ma solo di condottieri, capi, generali, o qualunque titolo si voglia attribuire loro.

 

 

Gli eroi in questione liberarono un’isola dal dominio statunitense. Siamo a Cuba, negli anni ‘50, un ragazzo, un giovane medico, arriva sull’isola con l’intento di liberarla e di eliminare le differenze sociali che la attanagliano. Quel ragazzo si chiamava Ernesto Guevara, ma dal popolo conosciuto come Che (“amico” in venezuelano, paese dove ha vissuto per un certo periodo). Il Che giunto sull’isola viene messo in contatto da Raul Castro con Fidel Castro, l’uomo che stava organizzando  la ribellione. Subito Fidel rimane colpito dalla forza d’animo del Che e i due vanno immediatamente d’accordo. Nel 1953, il 26 luglio, prendono la caserma di Moncada e da qui prende nome il movimento: “M 26-7”. Dopo vari scontri Che Guevara conquista Santa Clara e Fidel Santiago de Cuba mettendo in fuga il presidente Fulgencio Batista, fantoccio degli Americani.Il 1 gennaio del 1959 Fidel Castro si autoelegge presidente della nuova Repubblica Socialista a partito unico di Cuba.

 

 

Oggi in Plaza della Revolución, a l’Avana, sulle facciate del palazzo del ministero degli interni e un altro edificio vi sono le effigi di Che Guevara con la famosa frase “Hasta la Victoria Sempre!” e di Camilo Cienfuegos con la citazione “Vas bien Fidel”. La prima la scrisse il Che nella sua ultima lettera a Fidel Castro, prima di morire dove ricordava quanta fatica avevano fatto per trasformare Cuba e esortarlo a perseguire i loro ideali. Inoltre gli annuncia di non voler lasciare nulla alla famiglia, in quanto sa che lo Stato avrebbe provveduto a loro per tutti i beni necessari; con quel “fino alla vittoria sempre” lo incitò a non smettere mai di lottare per i propri ideali. La citazione di Cienfuegos invece è presa da quando Fidel, nel suo primo discorso al popolo, chiese a Camilo come stesse andando, e l’altro: “Stai andando bene Fidel”.

 

 

Appena due anni dopo l’instaurazione del regime a Cuba, gli USA emisero un embargo nei confronti dell’isola, per cui nessuna merce che avesse toccato il suolo americano avrevve potuto arrivare direttamente a Cuba. Questo causò un impoverimento dello Stato, in quanto per avere merce prodotta in USA deve pagare un Paese amico per comprarla e rivendergliela. Uno di questi Stati amici era appunto l’Unione Sovietica, che quando crollò nel ‘91 portò con sé anche l’economia cubana.

 

 

Ancora oggi per le strade di Cuba il sentimento rivoluzionario è ancora palpabile. Lo si vede sui muri, dove sono scritti motti propagandistici, lo si vede in TV, dove si viene bombardati da documentari sulla vita dei loro eroi nazionali. Fidel Castro nel governare seguì un modello marxista, quindi uguaglianza per tutti e nessuna classe sociale, e per farlo abolì la proprietà privata. Provvide che l’istruzione fosse gratuita ed accessibile a tutti, così come l’assistenza sanitaria e un lavoro fisso. Infatti oggi contrariamente a quanto si possa pensare, a cuba vi è un tasso di disoccupazione e di mortalità infantile più basso di molti paesi sviluppati. Ma tutto ciò ha dei costi enormi: infatti le tasse sono molto alte, i prezzi dei prodotti sono alti come nei paesi sviluppati, mentre gli stipendi sono da terzo mondo. In media un medico cubano guadagna 60 CUC, l’equivalente di 55€ circa, al mese, mentre un semplice operaio ne guadagna 15. Vi è un appiattimento, un livellamento delle persone che le demoralizza, ne uccide la competitività. È uno stato che offre al proprio cittadino tutto ciò di cui ha bisogno per sopravvivere, ma appena si vuole qualcosa in più non ce lo si può permettere. Negli anni 80-90 c’è stato un esodo di persone da Cuba verso il Messico o la Florida: si fingevano matrimoni con uomini e donne straniere per poter “evadere” e poi si portava l’intera famiglia con sè. Ora i controlli sono aumentati e andarsene dall’isola è quasi impossibile per un cubano. Ultimamente, con l’incremento del turismo, ormai il settore che sorregge l’economia cubana, molti lavoratori si spostano su questo: avvocati o infermieri che diventano guide turistiche per poter guadagnare di più grazie alle mance.

 

 

È un sistema fallimentare, una popolazione che non sa come sia il resto del mondo e che, seppure non sia felice, non vuole cambiare governo e non è in grado di saldare tutti i debiti accumulati e riprendersi dalla crisi. È una buona cosa fornire gli stessi servizi a tutti indipendentemente dalla propria occupazione, ma a cosa serve un’alta scolarizzazione, a cosa serve studiare per anni e diventare chirurgo e ricevere lo stesso stipendio di un tassista? È mortificante. Niente meritocrazia, l’uomo o la donna che salva vite conta esattamente come quello che pulisce una camera di hotel. È una verità dura da ammettere, ma non siamo tutti uguali, per lo meno non sul piano economico.

Con il ritiro dalla scena politica di Fidel e l’elezione del fratello Raul, Cuba si è schiusa al mondo, è debole ancora e molto chiusa per i cubani, ma a passi lenti si sta riprendendo. Nel 2018 ci saranno le nuove elezioni e si sa già che Raul non si candiderà. Rimane ancora in dubbio se il successore proseguirà con una politica più aperta come Raul o conservatrice come Fidel.

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