• venerdì , 26 Aprile 2024

Hikikomori, i ragazzi che se ne stanno in disparte

di Carlotta Arcostanzo

Il fenomeno degli Hikikomori, presente in Giappone dalla seconda metà degli anni Ottanta, ha cominciato a diffondersi negli anni duemila anche negli Stati Uniti ed in Europa.

Il termine giapponese Hikikomori significa letteralmente “stare in disparte” e fa riferimento a tutti quegli individui, ragazzi e adulti, principalmente maschi, tra i 14 e i 30 anni, che fanno di una stanza tutto il loro mondo, rompendo ogni legame con l’esterno.

Non stiamo parlando comunque di una malattia. Come afferma lo psicologo Marco Crepaldi, presidente dell’asociazione nazionale Hikikomori Italia, nel suo libro “Hikikomori, i giovani che non escono di casa”, tale fenomeno “può essere interpretato come una pulsione all’isolamento fisico, continuativa nel tempo, che si innesca come reazione alle eccessive pressioni di realizzazione sociale, tipiche delle società capitalistiche economicamente sviluppate”.

Infatti, possiamo considerare la principale causa della patologia le aspettative che la società impone ai giovani che cominciano a pensare al proprio fututo.

In primo luogo, temono di non riuscire a raggiungere gli obiettivi posti dalla scuola e dalla famiglia, che diventano il primo ostacolo, con un conseguente rifiuto di frequentare l’ambiente scolastico ed un allontanamento dai genitori.

La visione distorta della realtà che ci arriva dai media e dai social network impone agli adolescenti ed ai giovani adulti aspettative spesso troppo grandi, tanto da portare gli Hikikomori ad allontanarsi da tutto ciò, a costo di perdere il rapporto con parenti, amici, compagni di scuola.

La maggior parte degli Hikikomori sviluppa una visione particolarmente negativa della scuola. Dalle testimonianze raccolte nel libro di Crepaldi, per esempio, emerge un rapporto difficile i compagni. Dice una ragazza: “Mi sentivo esclusa, diversa e lontana dagli altri. Nessuno mi ha mai conosciuta veramente, nessuno si è mai veramente interessato a me”; mentre sugli insegnanti: “Pensavano che avessi dei problemi perchè non interagivo mai con loro, se non sotto sollecitazione”. E sulle materie di studio: “Cambierei la poca flessibilità nella scelta dei vari indirizzi scolastici”.

Ciò che viene richiesto da questi ragazzi, quindi, è un maggior spazio a materie che possano orientare ad affrontare la vita e ad assecondare le proprie attitudini.

Attraverso l’aiuto degli psicoterapeuti, molto lentamente, talvolta anche dopo molti anni, questi ragazzi possono  superare le loro paure e cercare di reintegrarsi all’interno della società.

Nel frattempo, l’unico collegamento con la realtà per gli Hikikomori è garantito da un uso costante dei social network e di Internet, che crea un legame così forte con questa realtà alternativa che la privazione forzata può portarli ad un crollo psicologico, così come è successo a Torino, dove un ragazzo diciannovenne Hikikomori si è lanciato dal quinto piano dopo che la mamma gli ha tolto il computer.

Questa patologia, di cui ancora si parla pochissimo, non deve essere sottovalutata, in quanto il numero dei casi è in continua crescita, ed è necessario cercare sempre più di stabilire contatti con i soggetti colpiti e migliorare la capacità di interazione, in modo da poter restituire loro un futuro.

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