• giovedì , 25 Aprile 2024

Spari che non uccidono

di Pietro Berruto

Il 4 di agosto di quest’anno ben due sparatorie sono avvenute nelle città americane di El Paso e Dayton negli Stati Uniti, lasciando un totale di trentuno vittime. Le notizie hanno sconvolto gli Stati Uniti e copie e copie di giornali hanno parlato dell’argomento. Come sempre, si è cercato un colpevole, una causa scatenante per queste stragi. Ancora una volta, i media hanno fatto ricadere la colpa ricadere sui videogiochi.

La convivenza tra videogiocatori e non videogiocatori è sempre stata difficile: agli inizi del Duemila il videogiocatore era l’emblema dello sfigato. Interessato ad attività ritenute per bambini, spesso ritratto in sovrappeso (a causa dello scarso moto), imbruttito nell’aspetto e sempre single, il gamer era l’apoteosi del fallito, lo scarto della società e di come un essere umano non dovrebbe mai essere. Evidentemente questa comune idea ha scosso un po’ il mondo videoludico che ha dimostrato il contrario: molti videogiocatori fanno sport e si curano nel loro aspetto, dimostrando che non si diventa necessariamente degli orchi giocando. Sono stati inventati persino molti videogiochi sportivi, affinché si venisse spinti a fare della vera attività all’aria aperta. Non solo avviene lo straordinario evento di un gamer che si fidanza, ma anche di ragazze che giocano. I tornei competitivi hanno dimostrato che giocare e allenarsi frutta, anche in denaro. Ma l’accusa più grande che potevano trovare i media per scaricare sui videogiochi colpe non loro era l’accusa di istigazione alla violenza.

Questa accusa non è solo falsa, è ridicola. E’ stato detto che i giochi violenti esaltano la violenza e istigano a compiere azioni di tal tipo ma il problema non si fonda su questa cosa. I videogiochi sono venduti globalmente, quasi ogni paese ha una comunità attiva di videogiocatori; eppure un solo paese è afflitto dalla piaga delle sparatorie sui civili e, guarda caso, è lo stesso paese che vende armi nei supermercati. Infatti dopo gli eventi del quattro agosto alcune catene di supermercati statunitensi hanno tolto dalla vendita i videogiochi violenti, ma hanno tenuto quella di pistole.

Gli Stati Uniti sono il paese che ha il maggior numero di armi da fuoco per persona al mondo: secondo una stima della Small Arvey Survey ci sono centoventi armi da fuoco circa per cento persone, ovvero più di una a testa. Si può dunque affermare che la colpa non sia di strumenti che hanno il solo scopo di intrattenere delle persone ma della presenza stagnante della violenza che c’è nel mondo e negli Stati Uniti soprattutto.

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