E’ il motto del protagonista del film “Lo sciacallo”, film d’esordio per Dan Girloy che la redazione del Salice ha visionato per capire meglio il valore della deontologia e dell’etica del lavoro dei un giornalista. Lo sciacallo ha come primo attore Jake Gyllenhaal. Attore eccezionale e unico nel suo genere, alla costante ricerca di ruoli non convenzionali, con una carriera incisiva già a 38 anni, in pratico un fuoriclasse.
Nel film, Gyllenhaal interpreta un perverso freelance di cronaca nera che pur di avere le notizie più eclatanti riesce a spingersi oltre ogni limite. Durante il film diventa un vero e proprio sciacallo, che vive solo per ‘sopravvivere’ e che fa di tutto pur di portare a termine il proprio squallido lavoro, anche al costo di vedere la morte sotto i suoi occhi e registrarla. Durante il film infatti dirà “Se il mio problema non fosse che non capisco la gente, ma che non mi piace la gente?”.

Gyllenhaal è riuscito a rendere affascinante un personaggio spregevole, ed è proprio per questo che il film è riuscito. Inoltre durante i mesi di pre-produzione è riuscito a perdere oltre 10 chili per dar l’idea di un vero e proprio sciacallo. “Sul set avevamo tutti la sensazione che Lou (il personaggio da lui interpretato) fosse un coyote e io volevo vivere così” spiega Jake.

L’attore ha anche una cicatrice sul palmo di una mano, il ricordo incancellabile del film. Durante una scena, infatti è davanti ad uno specchio, ha oltrepassato ogni limite del suo lavoro e ormai vive per le atrocità altrui. Guardando il suo riflesso forse si rende conto di ciò che è diventato e preso dall’ira sferra un pugno davanti a sé. Quella scena, che sembra una delle più studiate del film, è stata frutto della pura improvvisazione dell’attore, che in seguito si è ferito la mano con una scheggia di vetro dovuta all’impatto.
“I momenti più interessanti sono sempre quelli inaspettati. Non dico che ferirsi e farsi mettere dei punti sia una cosa positiva, ma per me questa cicatrice rappresenta un certo tipo di dedizione” dice Gyllenhaal.

Un film duro, a tratti crudo ma che spinge a riflessioni attuali su un mestiere che si modernizza di pari passo con i mezzi che ha a disposizione per tramettere e comunicare le notizie. Chi o cosa garantisce nella moderna informazione la veridicità delle stesse o chi pone quel limite oltre il quale non ci si può spingere per salvaguardare la dignità delle persone? La pellicola ci spinge a riflettere sulla necessità di un codice etico nel mondo dell’informazione ma anche sulla nostra spasmodica ed immotivata di vedere “tutto e subito”, dimenticandoci che conoscere non significa prevaricare i diritti degli altri e il buon gusto.