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Australian Open 2020

Melbourne, 2 febbraio 2020. Alla Rod Laver Arena di Melbourne si è appena conclusa la finale giocata da Djokovic e Thiem.

È stato però l’Australian Open del fuoco, della pioggia, dei lutti e delle sorprese: niente ha potuto fermare il torneo, che è stato fedele allo slogan “The show must go on” e ha visto i giocatori affrontare non solo gli avversari, ma anche le condizioni climatiche avverse e le polemiche.

L’Australia è stata devastata da incendi catastrofici che hanno attirato l’attenzione di tutti i media, tanto da far pensare di dover rimandare o addirittura annullare l’evento.

Gli incendi e le condizioni meteorologiche avverse non hanno però fermato l’organizzazione. Molti giocatori sono anche svenuti per problemi respiratori, i paramedici passavano da un campo all’altro con le bombole d’ossigeno e alcuni atleti hanno dichiarato di aver dovuto quasi imparare a memoria il percorso per non sbagliare campo, a causa del fitto fumo diffuso ovunque.

Per fortuna la pioggia, come la cavalleria nei film western, è arrivata in soccorso dei nostri eroi e ha consentito il proseguimento delle gare, che da subito hanno messo in mostra nuovi talenti: ad esempio la giovanissima Cori Gauff, quindicenne dalla grinta fenomenale, che tutti abbiamo imparato a conoscere come Coco, e che è addirittura arrivata a battere al terzo turno la numero tre della classifica mondiale, nonché campionessa in carica dell’Australian Open, Naomi Osaka.

Le sorprese non sono state solo positive, infatti dobbiamo registrare l’imprevista eliminazione di Nadal ai quarti e anche le non esaltanti prestazioni degli azzurri: Sonego, Sinner, Berrettini e Fognini che erano partiti con ben altri obiettivi. Mentre Sonego è uscito addirittura al primo turno, solo Fognini ha superato il secondo per poi, però, farsi eliminare agli ottavi tra proteste e scenate dal non certo imbattibile Sandgren.  

A funestare questa complicata edizione degli Australian Open è sopraggiunta, improvvisa e tragica, la notizia della morte della leggenda dell’NBA Kobe Bryant, caduto in elicottero, insieme alla figlia e ad altre sette persone. Anche questo ha contribuito a turbare i tennisti che non hanno fatto mancare la loro partecipazione emotiva, come nel caso del beniamino locale Nick Kyrgios, che ha voluto omaggiare la memoria del cestista scendendo in campo con la maglia numero 24 dei Lakers. Il tennista australiano, battuto agli ottavi da Nadal, comunque non ha potuto far sognare i tifosi di casa, che in finale hanno dovuto assistere alla partita disputata, invece, da Djokovic e Thiem.

Una finale che non è solo stata una semplice partita tra due tennisti, ma ha rappresentato lo scontro tra due generazioni: quella di Djokovic, Nadal e Federer e quella più giovane di Thiem.

Di certo i due finalisti non hanno lottato per lo stesso obiettivo; infatti il serbo ha giocato per vincere il suo ottavo titolo agli Australian Open, nonché diciassettesimo Grande Slam, mentre l’austriaco, per raggiungere la sua prima vittoria in un torneo del Grande Slam.

Però alla fine è Djokovic a trionfare in una finale bellissima, intensa, durata quattro ore su cinque set, confermando che la “old gen” è ancora affamata di vittorie.

Qui a Melbourne abbiamo assistito all’apoteosi del serbo; la domanda è: “Ci riuscirà anche l’anno prossimo?”…

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