• martedì , 19 Marzo 2024

Discorso sulla felicità

Felicità: la compiuta esperienza di ogni appagamento. Non c’è altra definizione. Eppure questa parola viene abusata ogni giorno. Viene associata a cose, idee o persone. Così, in automatico, alla parola tristezza si associa comunemente la perdita di queste. Una delle poche informazioni che si ha a proposito della felicità è che essa è sfuggente. Oggi la nostra società sembra volerci obbligare a essere felici a tutti i costi, proponendoci dei modelli sterili di realizzazione per lo più basati sul possesso. I modelli di felicità presenti nelle pubblicità, proprio per il fatto che il marketing gioca con la nostra insoddisfazione, propongono sempre uomini e donne belli, sorridenti, affermati, giovani.

La realtà è molto più complessa. Questi desideri però ci spingono a lavorare per ottenere quegli obbiettivi. Ma poi, spesso, una volta ottenuti, ci sentiamo vuoti e insoddisfatti e ritorniamo al punto di partenza. Nessuno sa dove poter trovare la felicità. E’ noto che se cercata insistentemente non si trova. E’ facile cogliere l’infelicità delle persone: nei volti tristi dei passanti che avanzano con incedere incerto, le braccia cadenti e lo sguardo rivolto verso il basso, negli occhi stanchi dei guidatori, quasi assenti, preoccupati, arrabbiati al termine di una giornata di lavoro, nei sorrisi forzati e nei discorsi vuoti. Sta a noi capire il problema del mondo in cui viviamo, che a volte ci sembra crudele, triste, monotono, indifferente.

E’ difficile trovare un sorriso puro davanti al mistero della vita. La vita è come un’opera d’arte: può essere colorata o monocroma, può apparire bella o brutta in base ai gusti, suscitare forti emozioni, può essere impegnativa o molto semplice, imprevedibile e se sbagli, spesso è difficile rimediare; tutti arrivano al punto in cui commettono un errore, e allora c’è chi cerca di camuffarlo, chi lo rende una particolarità e chi abbandona la tela. Così come l’artista, l’uomo passando da una sfida all’altra è sempre in cammino verso un obbiettivo, che sembra irraggiungibile, che spesso subito dopo essere stato trovato sfugge nuovamente, che sente il bisogno di essere condiviso, lo stesso che ci porta al capolavoro.

In quel capolavoro ci siamo noi stessi, assieme a tutte le persone che sono state al nostro fianco durante tutto il tragitto. La felicità è come un viaggio. E’ impossibile trovare felicità nell’isolamento più totale. Per essere felici occorre tradire il nostro individualismo per donarci agli altri. L’emozionante film “Into the wild” narra l’avventura di Cristopher McCandless, un ragazzo appena laureato, in cerca di felicità, che decise di intraprendere un viaggio in solitario nelle lande desolate dell’Alaska, dove accidentalmente trovò la morte.

​Nei suoi diari scrisse che aveva visto tanta gente infelice, che tuttavia non prendeva l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito; ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non c’è nulla di più devastante di un futuro certo. Ciò che ci alimenta in questa vita è lo spirito di avventura, la passione, la bellezza. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze. Non resta altro che trovare il coraggio di rivoltarsi contro lo stile di vita abitudinale e buttarsi in un’esperienza non convenzionale.

In alcune riflessioni Cristopher scrisse “Dio ha messo la felicità dappertutto e ovunque, in tutto ciò in cui possiamo fare esperienza. Abbiamo solo bisogno di cambiare il modo di guardare le cose”, “la felicità è reale solo quando condivisa”. Anche Leopardi non ha cercato altro per tutta la vita che essere felice. Eppure oggi non c’è studente a cui non venga da pensare, quando incontra le riflessioni dell’autore, a quanto fosse depresso. Leopardi guardava talvolta con sarcasmo, talvolta con compassione le fragili illusioni dell’umanità, sempre intento a rincorrere l’orizzonte inafferrabile della felicità. L’uomo cerca di raggiungere questo orizzonte lontano, senza mai riuscirci. Nessuno è felice sempre. L’immaginazione è l’unico strumento di cui possiamo servirci per raggiungere l’irraggiungibile, attraverso cui possiamo cambiare la realtà, con cui possiamo creare e sentirci felici.

Nei suoi diari scrisse che aveva visto tanta gente infelice, che tuttavia non prendeva l’iniziativa di cambiare la propria situazione perché condizionata dalla sicurezza, dal conformismo, dal tradizionalismo, tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito; ma in realtà per l’animo avventuroso di un uomo non c’è nulla di più devastante di un futuro certo. Ciò che ci alimenta in questa vita è lo spirito di avventura, la passione, la bellezza. La gioia di vivere deriva dall’incontro con nuove esperienze. Non resta altro che trovare il coraggio di rivoltarsi contro lo stile di vita abitudinale e buttarsi in un’esperienza non convenzionale. In alcune riflessioni Cristopher scrisse “Dio ha messo la felicità dappertutto e ovunque, in tutto ciò in cui possiamo fare esperienza. Abbiamo solo bisogno di cambiare il modo di guardare le cose”, “la felicità è reale solo quando condivisa”. Anche Leopardi, il noto pessimista, non ha cercato altro per tutta la vita che essere felice. Eppure oggi non c’è studente a cui non venga da pensare, quando incontra le riflessioni dell’autore, a quanto fosse depresso. Leopardi guardava talvolta con sarcasmo, talvolta con compassione le fragili illusioni dell’umanità, sempre intento a rincorrere l’orizzonte inafferrabile della felicità. L’uomo cerca di raggiungere questo orizzonte lontano, senza mai riuscirci. Nessuno è felice sempre. L’immaginazione è l’unico strumento di cui possiamo servirci per raggiungere l’irraggiungibile, attraverso cui possiamo cambiare la realtà, con cui possiamo creare e sentirci felici.

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