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"Non sono acida ma acerba"

Maria Vittoria Marocco nasce a Torino il 21 febbraio 1992.

Il suo primo contatto con il mondo della musica avviene da piccola, imparando a suonare il pianoforte; a quindici anni frequenta corsi di tecnica vocale, presenza scenica e canto jazz, un anno dopo, con una cover band suona in alcuni locali e partecipa ad alcuni contest e ha il primo approccio con la stesura di brani inediti. Nella primavera 2012 con il trio vocale “Chamelie” supera varie selezioni di X-Factor. Nel settembre 2012 incontra Alex Gaydou con cui inizia una collaborazione.

Nel 2013 partecipa a vari concorsi canori e incide il suo primo singolo inedito che porta a Sanremo nell’autunno dello stesso anno.

La redazione del Salice ha incontrato l’ex-allieva di Valsalice Maria Vittoria Marocco: 21 anni, un innegabile talento canoro e alle spalle un tentativo di partecipare al celebre festival di Sanremo, sezione giovani. Carica di energia e voglia di arrivare, fra una lezione al Politecnico e una nuotata in piscina (insegna infatti nuoto sincronizzato), “Titta” si apre un po’ con il nostro giornale, in un’amichevole chiacchierata sulla sua esperienza speciale sul palco dell’Ariston.

Innanzitutto come nasce in te questa passione per la musica?  

Ero una bambina quando ho iniziato a studiare il pianoforte, solfeggio parlato e cantato. Sarebbe troppo sdolcinato iniziare con un’affermazione come “Ce l’hosempre avuto dentro”, e io odio le interviste troppo romantiche e smielate, ma in questo caso si tratta proprio della verità. Cantare fa parte di me, è un modo tutto mio di esprimermi ed è stato così da sempre, o almeno da quanto io possa ricordare: già alle elementari gongolavo per essere stata scelta come solista durante le recite scolastiche.

Sei consapevole di possedere un particolare talento? 

In generale il talento è innato, è una questione di fortuna, punto e basta, si nasce con una bella voce, fine. Ma molte persone la possiedono, a questo punto bisogna allenarla, curarla e, infine, imprimerci quel particolare accento artistico che la rende eccezionale. Non basta in sostanza nascere con un talento, ma sono il sacrificio e la capacità di farlo crescere ad essere fondamentali.

Come ti ha aiutato Valsalice in questo tuo percorso?

Sono sempre stata supportata da tutti, sotto tutti gli aspetti; i professori partecipavano a volte persino agli eventi in cui avrei cantato. Lo stesso vale per i miei amici che sono sempre stati presenti per sorreggermi ed incitarmi a continuare in questo mio sogno. Infine ovviamente la mia famiglia non mi ha mai permesso di abbattermi: ricordo le parole di mio fratello, ironiche e scherzose, prima che io salissi sul palco, ha detto “Tanto fai schifo e non passi”.

Hai in mente un futuro professionale nel campo musicale?

Al momento studio ingegneria edile al Poli, ma ovviamente aspiro a due carriere parallele. Sinceramente posso dire che fra essere un’acclamata cantante di successo ed essere un ingegnere preferirei cantare ma siamo in un momento in cui uno deve crearsi delle opportunità, approfittando di ogni tipo di esperienza.

Come ti senti quando canti? 

Cantare per me è liberatorio, mi aiuta ad esprimermi e sfogarmi allo stesso tempo, mi fa sentire veramente me stessa in una dimensione che appartiene solamente a me, il mondo di Maria Vittoria si potrebbe dire.

Chi sono i tuoi miti di sempre? La tua canzone preferita? Con chi ti piacerebbe duettare? 

Amo il jazz, è percio’ molto semplice rispondere che i miei miti sono Louis Armstrong e Ella Fitzgerald. La mia canzone è invece “Lullaby of birdland” di Sarah Vaugan e, se fosse ancora vivo, mi piacerebbe cantare con Frank Sinatra, l’ideale dell’uomo di classe.

Perchè hai deciso di partecipare ad Area Sanremo?

Arriva un momento nella vita di un cantante in cui, dopo anni di lezioni, fatica e sudore per ripetere alla perfezione un brano che altri hanno scritto, ti chiedi se sei un semplice interprete o se puoi essere qualcosa di più: un pezzetto di arte. Partecipare a questo stage è stato il passo che mi ha permesso di cominciare a lavorare su qualcosa di vermente mio, una mia creatura, un mio brano che ho visto lentamente crescere e migliorare giorno dopo giorno.

Che cosa puoi dirci del tuo brano? 

Innanzitutto tengo a precisare che il mio brano è stato scritto insieme al mio maestro. Il brano che ho cantato riflette la mia personalità un po’ ambivalente, un po’ lunatica: un momento rido, il momento dopo rifletto imbronciata, un momento ti voglio bene, l’istante dopo ti insulto. Nella mia canzone emerge palesemente questo contrasto: non è di un unico genere, è più eclettico, bizzaro; accosta sonorità diverse e per nulla banali. Dal freddo e dalla cinicità della prima strofa si passa all’apertura e alla dichiarazione passionale del ritornello.

Come si è svolto tecnicamente il contest?

Dal 16 al 19 ottobre si è tenuto uno stage in cui si sono presentati i circa 400 concorrenti: è stata una vera e propria scuola di tre giorni con lezioni tenute da discografici, cantanti e autori, e si è conclusa con un primo confronto diretto con la giuria. Già qui sono emersi i pareri discordanti: c’è stato chi ha criticato la mia immaturità vocale, descrivendomi “acerba” appunto, chi invece mi ha sommersa di complimenti. Il 6 novembre ci sono state invece le vere e proprie selezioni, sarebbero usciti 40 finalisti da cui ne sarebbero stati scelti 8 vincitori ed infine la commissione Rai avrebbe dichiarato quali sarebbero stati i 2 giovani che avrebbero calcato il palcoscenico dell’Ariston nella prossima rassegna canora di Sanremo, nella sezione giovani. In questo secondo momento di iterazione con la giuria sono stata descritta come “deliziosa”, il brano è piaciuto, ma in gara era pieno di altri artisti di un livello molto alto.

Cosa ti porti dietro di questo primo tentativo nell’universo della musica professionale?

Incontri con grandi maestri ti spingono innanzitutto a domandarti chi sei e chi vuoi diventare, che cosa vuoi fare della tua voce. E’ stato un modo per comprendermi meglio e per ricercare una modalità sempre migliore attraverso cui esprimere ciò che sento dentro di me. Indubbiamente non speravo di passare e non sono quindi rimasta delusa anche se certamente dispiaciuta, il mio obbiettivo è stato imparare il più possibile, comiciare a capire come funziona questo modo e sono uscita da questa esperienza indimenticabile con la consapevolezza che le porte in faccia non solo servono, ma fanno bene, e aiutano a rialzarsi ancor più forti. Non bisogna abbandonare il proprio sogno ma mantenere viva la speranza e, se può aiutare, volevo ricordare che Emma Fuggetta, in arte Bianca (questa è la sua Fan Page su Facebook), l’amica con cui sono partita e con cui ho condiviso questa avventura, è stata selezionata fra i due finalisti e saremo quindi tutti a fare il tifo per lei durante il concorso canoro. E’ l’esempio di come la forza di volontà e l’impegno non ti lascino sempre insoddisfatto.

Maria Vittoria intervistata ad Area San Remo

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