• venerdì , 19 Aprile 2024

L'apicalisse

Piccole. Instancabili lavoratrici. Guardiane della natura. Questi gli aggettivi che meglio descrivono “l’apis mellifica”, o più semplicemente ape. La loro importanza nel grande cerchio della natura è nota fin dai tempi antichi. “Quanta esperienza ed arte chieggian l’api frugali, io qui prendo a cantar”. Così Publio Virgilio Marone, celeberrimo scrittore latino, autore dell’Eneide, cantò nelle Georgiche le lodi di questo piccolo insetto della famiglia degli imenotteri. Ma gli antichi latini non furono i soli a dedicare attenzioni al ruolo centrale delle api nella natura. Infatti persino il premio nobel per la fisica Albert Einstein scrisse: “Se l’ape scomparisse dalla faccia della Terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.

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Nonostante le esigue dimensioni di questi insetti, famosi per la produzione di miele, la loro organizzazione sociale è complessa e ben strutturata. Le api, infatti, vivono in famiglie, chiamate sciami, all’interno delle quali vige un regime gerarchico. Al vertice troviamo la regina, emblema di un mondo tipicamente femminista. Il compito di quest’ape, più grande per dimensioni rispetto alle altre, è quello di riprodursi affinché lo sciame non si estingua. La peculiarità della prole della regina è il fatto di essere composta prevalentemente da elementi femminili.

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Solamente nel periodo primaverile, infatti, la regina genera api di sesso maschile, chiamati fuchi. Questi ultimi si trovano sul gradino più basso del mondo apistico, in quanto sono funzionali solo alla riproduzione. La loro vita è molto breve, poiché muoiono dopo aver fecondato la femmina. Sotto la regina, nella scala sociale, vi sono le ancelle. Fedeli servitrici della regina, che provvedono a nutrirla, pulirla e difenderla. Infine vi sono le api operaie, che provvedono a svolgere tutti i compiti necessari alla sopravvivenza della famiglia. Sono due le principali specializzazioni delle operaie. La prima è quella di bottinatrice, incaricate di raccogliere polline e nettare che verranno in seguito elaborati è trasformati in miele. La seconda è quella di guardiane, le quali devono difendere lo sciame da intrusi.

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Purtroppo questo articolato e magnifico mondo, sopravvissuto per secoli, sta affrontando un periodo di decadenza.   L’inizio della crisi risale all’incirca agli anni ’80, in seguito all’arrivo di un nuovo parassita, la varroa. Giunto dall’India, questo acaro ha letteralmente decimato il numero delle api. Infatti gli apiari europei hanno visto una riduzione delle famiglie di api pari al 50% in appena vent’anni. Questa improvvisa strage è dovuta alla particolare dieta della varroa. Bisognoso di cheratina, questo parassita si nutre delle ali delle api, rendendole inabili al volo. Questo deficit porta, però, ad un immediato esilio dall’alveare, che provoca la morte dell’ape in pochi giorni. Negli ultimi anni è emerso che questa non è l’unica piaga ad affliggere il mondo delle api.

Lo sviluppo degli apparecchi per le comunicazioni è stato infatti responsabile di un incremento dell’inquinamento acustico. La presenza dei ripetitori ad ultrasuoni pare infatti interferire notevolmente con i sistemi di orientamento delle api regine nel periodo della sciamatura. Quest’ultima è un evento che si verifica in primavera, in seguito alla nascita delle nuove regine. La vecchia regina, di conseguenza, per evitare scontri all’interno dell’alveare, si allontana con una parte della famiglia. La nuova, invece, prima di impossessarsi della parte rimasta, deve compiere il viaggio di fecondazione. Pare, però, che, durante il viaggio, le frequenze ad ultrasuoni facciano perdere l’orientamento alla regina, che non riesce così a tornare a casa. Di conseguenza la famiglia, priva della propria generatrice, è destinata a morire. Se la situazione resterà immutata, e se le previsioni di Albert Einstein fossero corrette, il tempo dell’uomo potrebbe essere quasi giunto al termine. “L’apicalisse” potrebbe essere già iniziato.

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