• giovedì , 28 Marzo 2024

Il sole, un’arma puntata contro di noi

Il Sole. La Terra. 150 milioni di chilometri che li separano. Eppure queste gigantesche sfere sono interconnesse. Basti pensare alle aurore polari. Spettacolo quasi magico, danza mistica di luci e colori, flusso di ondeggiante energia. Ma gli spettacoli che paiono appartenere ad un altro mondo non sono l’unica prova del legame tra noi e la stella infuocata attorno alla quale orbitiamo. Il black-out del 1989 in Québec, i danni ai satelliti e alla rete elettrica nel 2003 ne sono un esempio.

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In primis bisogna però spiegare la composizione del Sole. Quest’ultimo è un ammasso di plasma, ovvero gas bollente e ionizzato, attraversato da numerosi campi magnetici. La reazione di fusione nucleare che avviene nel Sole crea, però, numerose turbolenze, che disturbano i campi magnetici. Proprio a causa di questo fenomeno, vengono rilasciate particelle ad alta energia che generano il cosiddetto vento solare. La modalità di rilascio di queste particelle determina velocità e densità del vento. Quello più debole viaggia a circa 400 km/s e si propaga come una leggera brezza, il secondo ha velocità doppia e si crea in seguito a esplosioni dette brillamenti, infine il terzo è un vento di “burrasca” che si origina da esplosioni ancora più violente e che oltre a produrre il vento solare causano il rilascio di bolle di plasma.

Ed è proprio il vento solare a creare i magnifici spettacoli, ma anche i disastri citati in precedenza. Ma il vento solare più che apprezzato per i magnifici fenomeni che crea sulla Terra, è temuto per la sua potenziale forza distruttiva. Per averne una dimostrazione bisogna risalire indietro fino al 1859. Infatti nel settembre un astronomo inglese, durante l’osservazione delle macchie solari, ebbe la fortuna di ammirare un flash. Fu la prima osservazione di un brillamento solare che generò in seguito una “burrasca” solare. La potenza del vento solare fu tale da creare un’aurora nei cieli dell’intero emisfero nord della Terra. Questo evento fu causato dall’arrivo di una bolla di plasma che ci raggiunse con la velocità di 2300 km/s. Gli effetti che ebbe sulle poche apparecchiature elettriche esistenti al tempo, ovvero i telegrafi, furono devastanti. Molti telegrafisti furono vittime di scariche elettriche e numerosissimi stazioni andarono a fuoco.

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In seguito vi furono altri eventi analoghi, ma molto meno potenti, che crearono numerosi problemi dal momento che il progresso tecnologico era avanzato. Ricordiamo quello del 1921, che sconvolse la rete telefonica svedese, quello che in Québec nel 1989 mise fuori uso per diverse ore la rete di distribuzione elettrica, e la tempesta del 2013. Questa bloccò la maggior parte dei satelliti e diversi trasformatori sudafricani.

Oggi però i danni che una tempesta solare, delle proporzioni di quella del 1859, porterebbe sarebbero immensi. Si può immaginare il caos che si scatenerebbe se di colpo venissero meno le comunicazioni radiotelevisive, se si interrompessero le linee satellitari dei telefoni cellulari, o se con lo spegnimento dei satelliti del posizionamento globale cessassero di funzionare i disposti di navigazione assistita di aerei e navi. Non solo, vi sarebbero anche incredibili perdite economiche dovute alla sostituzione degli assai costosi trasformatori che smistano l’energia.

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Inoltre,con i trasformatori in disuso, tutti gli apparecchi elettrici sarebbero inutilizzabili e le conseguenze catastrofiche. Il danno causato da una tempesta uguale a quella di 157 anni fa, ammonterebbe ad una somma di ben 2300 miliardi di dollari. Per far fronte a questo problema è dunque in atto il progetto di un servizio di “space weather”, ovvero di scienziati che monitorano i vari fenomeni che avvengono sul Sole, che sarebbe in grado di dare l’allarme alcune ore prima in modo da consentire l’utilizzo di contromisure per limitare i danni. Purtroppo è emerso dagli studi che ogni due secoli si produce una super tempesta su stelle di dimensioni pari a quelle del Sole. La prossima potrebbe essere imminente ed è dunque necessario che il progetto “space weather” vada a buon fine. Non c’è tempo da perdere.

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