• venerdì , 29 Marzo 2024

Hikikomori o il dilemma del porcospino

In psicologia esiste una parabola ideata dal filosofo Arthur Schopenhauer chiamata “Il dilemma del porcospino”, metafora dei rapporti interpersonali. In una fredda giornata d’inverno, alcuni porcospini si stringono vicini, in modo da potersi riscaldare. Ben presto però, iniziano a ferirsi vicendevolmente con gli aculei presenti sulla loro schiena e questo li costringe ad allontanarsi gli uni dagli altri ed a subire così il terribile rigore invernale. Per i porcospini, l’unica soluzione è dunque quella di trovare la distanza reciproca adatta a ricevere almeno un po’ di calore, senza ferirsi a vicenda.

Secondo Schopenhauer, lo stesso vale per gli esseri umani, nel cui caso la giusta distanza è rappresentata  dalla cortesia e dalle buone maniere. Le soluzioni a questo dilemma del porcospino sono quindi o l’accontentarsi di stabilire con gli altri una distanza di sicurezza che sopperisca, pur in maniera incompleta, al bisogno del contatto reciproco, oppure quella di evitare del tutto il relazionarsi  con gli altri esseri umani, purché si possieda un “calore interno” sufficiente a resistere al vuoto ed alla monotonia dell’esistenza in solitudine.

Quest’ultima possibilità sembra essere stata scelta dagli “hikikomori”, fenomeno nato in Giappone, dove ha già assunto i contorni di una vera e propria piaga sociale, con più di un milione di casi accertati. Gli hikikomori sono adolescenti, solitamente maschi fra i 15 ed i 30 anni, che, a causa di forti pressioni sociali, decidono di chiudersi ad ogni contatto con la società e vivere reclusi nella propria camera da letto per un periodo che varia da qualche mese fino a molti anni.

Per sopperire alla monotonia del vivere così a lungo in un ambiente chiuso, dedicano il loro tempo a manga, anime, film e serie TV, all’ascolto di musica e ad internet. Il rapporto con quest’ultimo merita un’attenzione particolare; spesso gli hikikomori vengono confusi con individui dipendenti da internet, in realtà la questione è molto più complessa poiché l’utilizzo massiccio di quest’ultimo è un effetto, non una causa dell’isolamento. Inoltre non bisogna dimenticare che la rete è l’unico strumento a disposizione degli hikikomori per non essere completamente tagliati fuori dal mondo esterno e  permette loro tramite forum e socia network di intrattenere rapporti, pur virtuali, con altre persone.

 Sono quindi evidenti le cause che hanno portato il Sol Levante ad essere la culla di questo fenomeno, infatti l’ultra-competitività che avvelena ogni realtà della società giapponese, da quella scolastica a quella lavorativa, la mancanza di una forte figura paterna ed il conseguente sviluppo di una relazione quasi simbiotica con quella materna, le pesanti aspettative riposte nei giovani, la forte mentalità “di branco” giapponese, hanno creato un terreno fertile al diffondersi di questi casi di isolamento. Tuttavia, anche  se inizialmente si è pensato che quello dell’hikikomori fosse un fenomeno endemico del Giappone, in realtà negli ultimi anni si è diffuso a macchia d’olio in tutti i paesi capitalisti più sviluppati, tanto che in Italia alcune stime parlando di 100.000 casi di reclusione volontaria. E’ evidente quindi che l’hikikomori sia una sorta di meccanismo di difesa che molti giovani sollevano per proteggersi da una società moderna che sempre più impone pressioni tanto pesanti da diventare per alcuni insostenibili e che al contempo scardina ogni riferimento, da quello familiare fino ad arrivare a quello religioso.

Inoltre, si è studiato che spesso gli hikikomori sono individui per natura tendenti all’introspezione, sensibili, intelligenti ed idealisti. Ecco perché questo fenomeno trova varie corrispondenze con quello della depressione esistenziale, in una fase critica come quella dell’adolescenza, lo “scollamento” percepito fra la realtà per com’è realmente e per come essi, in luce dei propri ideali, la concepiscono è causa di un trauma tale da portare gli hikikomori all’isolamento. Ecco perché è  così difficile curare un hikikomori, egli sente di aver compiuto una scelta fondata,  razionale ed oltretutto nel proprio interesse, in quanto non prova nessuno attrazione per il mondo esterno, che anzi rifiuta. In lui non è presente nessun desiderio di cambiamento.

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