di Edoardo Ruà
E’ inutile girarci attorno: l’esame di Stato dei maturandi del 2019 potrebbe essere compromesso. Infatti la riforma della Maturità e la tempistica con cui sono state comunicate le informazioni a riguardo hanno creato uno stato di ansia e preoccupazione eccessivo. L’ambiente scolastico è stato fortemente destabilizzato da questi avvenimenti con professori e studenti che pochi mesi prima dell’esame ancora ignoravano le modalità con cui esso si sarebbe svolto.
L’accusato principale è il MIUR che non ha saputo tranquillizzare le parti e schiarire con anticipo le nubi che si celavano sopra la maturità.
Inevitabilmente si è generata una polemica sull’utilità di questa riforma che si è allargata anche allo scenario politico.
Una professoressa di lettere delle superiori intervistata dalla testata “wired.it” afferma che un simile cambiamento è stato attuato “per il puro e semplice desiderio di marcare il territorio attraverso una riforma”. Indubbiamente nella modalità dell’esame precedente vi erano alcuni dissidi e problemi ma di certo con questo cambiamento non sono diminuiti, anzi probabilmente aumentati. L’innovazione porta sempre con sè un momento di destabilizzazione e fastidio a causa del dover cambiare un’abitudine assodata e perciò la vera utilità di questa riforma andrà valutata tra qualche tempo.
L’ambiente scolastico si è scagliato contro il MIUR sostenendo anche che la maggior parte dei componenti di tale organo non ha mai messo piede in un’aula in qualità di docente. A ruota quindi ha affermato che il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca non può comprendere a pieno le dinamiche della scuola. Questo dibattito porta alla polemica relativa alle valutazioni. Tale problema è stato evidenziato nell’intervista di “wired.it” in cui la professoressa sostiene che questo tema avrebbe meritato una più lunga riflessione. Infatti le griglie di valutazione nazionali garantiscono una omogeneità di criteri e una giusta assegnazione dei punteggi senza lasciare spazio all’interpretazione e valutazione del singolo caso. Esse però sono difficili da conciliare con il principio della libertà di insegnamento perché calano dall’alto i criteri di valutazione.
Dall’intervista si può evincere come la professoressa ritenga che molte delle idee che stanno dietro questa riforma siano positive ma sono le tempistiche e i modi con cui esse sono state messe in pratiche che generano diffidenza e dubbi. Per esempio la docente intervistata accenna alla seconda prova. Essa riguarda le materie d’indirizzo e da quest’anno non prevede più una traccia che rientri nell’ambito di una sola tra queste, ma due. In linea di principio questo cambiamento sostanziale è condivisibile, ma “comporta una notevole variazione di prospettiva a carico degli alunni, abituati ad altro per cinque anni”.
A destare incertezza e ironia e anche la prova orale che procederà attraverso il sorteggio di un argomento tra tre contenuti in altrettante buste che inevitabilmente è stata associata al meccanismo dei quiz televisivi. “Ma l’organizzazione pratica del colloquio” affermava qualche mese fa la professoressa “presenta ancora molti punti interrogativi”. Perciò la preparazione degli studenti è stata in parte inficiata dalle tempistiche di divulgazione delle informazioni.
In sostanza i maturandi di quest’anno faranno, loro malgrado, da cavie per gli studenti più giovani che a loro volta si confronteranno con la nuova maturità.