• giovedì , 28 Marzo 2024

Pronoia

Mai sentito la sensazione che qualcuno stesse complottando alla tue spalle o molto più banalmente spargesse cattive voci sul tuo conto? Nel 2020, dopo tutti i discorsi sul BLM (Black Lives Matter), sulla parità dei sessi e sulla legalizzazione dei matrimoni omosessuali, l’ostilità tra gli esseri umani non può che suonare molto two-thousand and… late.

Ecco che così si evolve non solo la mentalità, ma anche il dizionario: la paranoia delle continue pugnalate alle spalle si sostituisce alla “pronoia”, ossia quella logorante sensazione che quando esci da una stanza gli altri non facciano che riempirti di complimenti, che l’Universo abbia in serbo solo cose belle, come direbbero i fashion blogger di Instagram. Il vero paradosso sta nella paradossalità di questo scenario, quando invece dovrebbe essere la base di qualunque convivenza.

Alessio I Comneno, imperatore bizantino del XI secolo, ci aveva visto lungo: questo termine è infatti ancora tutt’oggi utilizzato dagli storici per definire la ricompensa in terreni che egli usava donare agli aristocratici del tempo. D’altronde, tolta la parte della ricompensa materiale, la filosofia della pronoia poco si distacca dall’ideale bizantino.

Ma se già 1000 anni fa la soddisfazione non poteva che nascondersi dietro le spoglie del denaro, quando esattamente noi esseri umani abbiamo smesso di sostenerci l’un l’altro e di ricercare la nostra felicità in quella degli altri?

La vera risposta è semplice: mai. Infatti, in realtà, non abbiamo neanche ancora iniziato. Seguendo la prassi che mi contraddistingue, ricongiungiamoci al caro vecchio Charles Darwin, o stavolta basta anche solo un libro di storia della III elementare, per ricercare la tipica frase “competizione tra diversi clan per rimanere in vita, soprattutto durante la caccia”: siamo nati per combatterci a vicenda, per letteralmente darci pugnalate alle spalle, ma oggi la carne si compra in macelleria e possedere un’arma è (almeno in Italia) illegale.

I tempi cambiano, e così dovrebbe fare la mente umana, si rivela tanto facile parlare di “politically correct”, ma poi nel nostro piccolo chi è il primo che nasconde tutti i problemi sotto lo zerbino con tanto di calpestata onde evitare che riemergano in superficie?

E’ inutile pubblicizzare questo nuova visione del mondo come il Santo Graal della felicità, perchè non è neanche ciò che vuole essere, però step-by-step ci si potrebbe arrivare, e comunque mi sembra un buon primo gradino. Giusto per citare un Pascal qualunque con la sua “scommessa su Dio”, certo si tratta di un discorso molto meno aulico, ma che male può arrecare un po’ più di bontà nella vita? Nessuno.

Che gli si voglia dare un nome, tipo pronoia, o chiamarlo con il suo, alla fine il traguardo è lo stesso, ed è il sostegno reciproco, senza di esso l’individuo si trova naufrago nel mare della vita alla ricerca di un’isola che potrebbe non trovare mai: come ci insegna John Donne, “no man is an island”.

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