• martedì , 16 Aprile 2024

A FUOCO

 

Il gelataio, l’astronauta, il calciatore, la principessa, la ballerina, il pompiere. Le risposte più comuni dei bambini alle domande sul loro futuro. Arriva un giorno, però, in cui quegli stessi piccoli sognatori saranno avvocati, impiegati di banca o medici; eppure quando scoppia un incendio non é un bellimbusto in completo gessato a rischiare la vita, bensì un gruppo di persone addestrate, in gamba e pronte al rischio, il corpo dei pompieri.

Il 15 giugno 2013 la caserma della città di Lugano, Svizzera, apriva le porte alla gente comune, per permettere di conoscere, attraverso attività e simulazioni, una realtà che, di nascosto, ci tocca ogni giorno, tutelando la nostra sicurezza.

Ottavia Gaggini, ventidue anni, ha scelto, inaspettatamente, di fare questo nella vita e nelle righe seguenti ci racconta il suo piccolo grande lavoro.

E’ partito tutto da un annuncio sul giornale, il concorso per diventare pompiere. Erano richieste le generalità, gli ipotetici diplomi acquisiti negli anni, le esperienze di una giovane vita.

Arriva poi la chiamata alla prima giornata di selezione: qui si viene sottoposti ad un test psicologico sulla personalità e le attitudini, ad una prova di scrittura che rappresenta la proprietà di linguaggio, a due prove fisiche, ossia il test di Cooper tanto odiato nelle scuole ed un percorso a ostacoli. Infine un colloquio individuale con il comandante e lo psicologo della caserma. Ovviamente una prima cernita è rappresentata dall’estratto del casellario giudiziale.

Si aspetta inizio gennaio quando tutti coloro che potrano essere futuri pompieri vengono chiamati per un anno di formazione durante il quale è richiesto un impegno di uno/due sabati al mese.

E’ andata pressochè in questo modo, semplice all’apparenza, quasi un gioco, eppure è quello che diverrà il “gioco della vita“.

Vi sono molte donne?

Assolutamente no. Siamo solamente sei, di cui nessuna professionista; per questo motivo potrei diventare la prima donna pompiere professionista al momento.

Perché “professionista”?

Come accennato prima, tutto inizia con un anno di formazione durante il quale non si è ancora ufficialmente “pompiere”. Dopodiché si diventa “pompiere volontario”. Ai volontari non è richiesto un impegno massiccio: sono tenuti semplicemente a sette settimane annuali di picchetto (servizio 24 ore). Vi sono inoltre gli “accasermati” che, abitando all’interno della caserma, hanno il compito di coprire l’orario che va dalle 18 alle 8 del mattino. Infine i mitici “professionisti”: con molta esperienza alle spalle e uno stipendio fisso, lavorano dalle otto di mattino alle sei di sera.

Non hai paura?

Certo che no. Siamo equipaggiati di modo che il rischio sia bassissimo. Paradossalmente, siamo più al sicuro noi pompieri che un normale impiegato.

Aneddoti divertenti?

Vi sono stati casi di insubordinazione, richiami di condotta e persino pompieri-piromani. Inoltre, data la scarsissima visibilità in intervento è capitato che qualcuno rimanesse chiuso in un armadio avendolo confuso con l’accesso ad una stanza!

Com’è l’ambiente in caserma?

Familiare, detto in una parola. Stando insieme e condividendo la maggior parte del proprio tempo con gli altri si acquisisce una totale fiducia nei confronti dei compagni.

E ora la temutissima domanda finale: perché hai scelto questo mestiere?

Dopo aver partecipato al concorso con una certa leggerezza è stato come un colpo di fulmine! Ora mi sento veramente utile agli altri, la persona giusta al momento giusto e penso: “Ma io avrei voluto fare altro nella vita?”

Con questa ultima risposta, Ottavia torna al suo lavoro, sorriso splendente, felice di ciò che ora è la sua vita.

E’ inserito un video dimostrativo di un intervento congiunto dei pompieri con la croce verde in caso di soccorso stradale: i vigili del fuoco devono far sì che i sanitari abbiano pieno accesso al paziente.

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