• giovedì , 28 Marzo 2024

L'Egitto e la cecità dell'Occidente

Se in questi giorni di vacanza siete troppo presi a leggere dell’imminente matrimonio tra Belen Rodriguez e Stefano Di Martino, o della tardiva gravidanza di Valeria Marini allora probabilmente vi converrà tornare al vostro “Chi” (“Novella 2000” è stato bandito persino dalla raccolta differenziata della carta, per sbarazzarsene, consigliamo di chiuderlo prima in un sacchetto di plastica alla stregua dei bisognini del cane) oppure cambiare prospettiva.

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Alla luce dell’ennesimo bagno di sangue avvenuto in Egitto, non ci sono parole per definire gli eventi che, in fondo, neanche troppo lontano da noi si verificano di giorno in giorno. Pertanto parlare di tali tragedie appare, oggi più che mai, tremendamente futile dal momento che si commentano da sole. E’ importante, però tentare per lo meno, di analizzare quello davanti a cui ci troviamo ora, iniziato non meno di due anni e mezzo fa: la Primavera Araba.

Occorre, comunque, fare una distinzione tra la Primavera araba e la guerra in Libia (che, contrariamente a quanto qualcuno potrebbe pensare, non vi rientra affatto) dal momento che la seconda è un conflitto causato da fortissimi interessi economici che paesi come Gran Bretagna (che dopo le perdite della British Petroleum voleva “rifarsi” con l’oro nero libico), Francia (fortemente desiderosa di aggiudicarsi i lucrosi contratti ottenuti dalle imprese italiane) e Stati Uniti d’America (in nome del divertente, quanto ipocrita e nocivo sport nazionale dell’ “esportazione della libertà”, chi ha orecchie per intendere, intenda) nutrivano verso Gheddafi-land.

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L’opinione pubblica internazionale non ha esitato a farcirsi la bocca di elogi e apprezzamenti verso i popoli del Nord-Africa prima e del Medio Oriente poi; tutto sembrava così perfetto, una rivoluzione che avrebbe rovesciato numerosi dittatori restituendo così il potere ai cittadini. Apparentemente il tutto rappresentava l’arrivo della democrazia in paesi da sempre governati da rais, ma in realtà se vi è un aspetto, che tutt’ora manca in queste escalation è proprio la democrazia stessa. Siamo sinceri: tutti i paesi in cui si è verificata la primavera araba adesso sono guidati da governi transitori (non certo eletti dal popolo) oppure hanno avuto le elezioni, che hanno portato a risultati ancor più drammatici, come sta avvenendo in Egitto.

Ciò che però, noi occidentali non riusciamo a capire è che la democrazia non s’impara dalla sera alla mattina, ma è un processo lungo, una maturazione a livello culturale che non arriva né con Twitter né con Facebook. In verità, bisogna sempre ricordarsi che i paesi in questione sono musulmani, non vogliamo essere irrispettosi nei confronti di tale credo, ma è alquanto lampante come questa religione non sia affatto democratica.

La democrazia, d’altronde, è incompatibile con l’idea che la religione abbia una legittimità superiore alle leggi dell’uomo. Pertanto, la Primavera Araba non ha portato a niente se non ad ulteriori massacri, che non termineranno certamente presto e ad una nuova instabilità politica nelle zone colpite che non potranno certo aiutare al miglioramento degli equilibri mondiali. Basti pensare che l’Egitto, da circa due anni a questa parte in particolare, fornisce armi e quant’altro alla Striscia di Gaza per poter attaccare meglio Israele (che tuttavia, dal canto suo, non fa assolutamente fatica a difendersi), rendendo così ancora più lungo e tortuoso quell’eterno processo di pace tra Sionisti e Palestinesi. Ricordiamo inoltre che oramai Gaza, sotto il governo di Hamas, è un cane libero di agire come vuole, non dipende più dall’Olp. A conferma di ciò, pensiamo ai detenuti palestinesi recentemente liberati da Israele: a Ramallah accolti come eroi, a Gaza invece no, solo per non dare una soddisfazione al “concorrente” Abu Mazen.

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Insomma: noi occidentali non siamo stati in grado di comprendere ciò che stava realmente accadendo, perché siamo obnubilati da ciò che volevamo vedere e, ancora più stupidamente, abbiamo fornito aiuti a ribelli, che in realtà spesso avevano come unico interesse quello di sostituire il presidente-padrone di turno (per poi magari passare successivamente ad un’espansione in Occidente). Noi pensavamo di fare del bene, ma la realtà è che siamo solo riusciti a renderci partecipi di finali tutt’altro che gloriosi e pacifici.

Al G8 del 2011, tenutosi a Deauville, i leader hanno deciso di destinare un pacchetto di aiuti a Tunisia ed Egitto nel periodo 2011-2013 di 40 miliardi di dollari. Alla luce di ciò, non c’è da stupirsi più che tanto se in Egitto sta accadendo un gran putiferio, anche perché i non ultimi dollaroni sonanti, sopra citati, nelle tasche di qualcuno ci devono pur andare (e purtroppo quelle dei popoli rimarranno vuote ancora per molto).

L’unico modo in cui la democrazia potrà veramente varcare le soglie dei paesi musulmani sarà dato da un cambiamento socio-culturale nell’ Islam: tale terremoto è ritenuto possibile solo grazie ad un’emancipazione femminile pari a quella occidentale. Dunque: solo quando le donne reclameranno i propri diritti, qualcosa potrà cambiare. Ora come ora appare mera utopia, ma ci riserviamo di concludere manzonianamente: “Verrà il giorno”.

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