Martedì sera al Cinema Massimo, Libera Piemonte (l’associazione di don Ciotti contro le mafie) ha proposto il documentario “Bruno Caccia, una storia ancora da scrivere”. Si tratta di un video che ripercorre la vita professionale e le ragioni alla base dell’assassinio del Procuratore capo della Repubblica di Torino, avvenuto trent’anni fa, il 26 giugno del 1983.
Per il delitto è all’ergastolo Domenico Belfiore, boss dell’ndrangheta torinese di quegli anni: ma il documentario mostra i molti lati oscuri della vicenda, una storia appunto “ancora da scrivere”, tant’è vero che i famigliari hanno chiesto la riapertura del caso.
Quello di Bruno Caccia è un assassinio illustre, l’unico di un magistrato al Nord ad opera della criminalità organizzata, eppure su di esso sembra calato un velo di oblio. La Procura sotto la sua direzione stava a quei tempi affrontando molte indagini importanti, dal riciclaggio di denaro sporco nei casinò, ai petroli, al caso Zampini, una sorta di anticipo di Mani Pulite; nel video un collega di Caccia sostiene che il magistrato sia stato ucciso per ciò avrebbe potuto fare in futuro – lo svolgersi di quelle indagini – piuttosto che per ciò che stava facendo.
Interrogativi ancora aperti. Quel che è certo è che rischia di dimenticare quella morte. “Bruno Caccia? Non so chi sia”; “Sì, è intitolato a lui il Palazzo di Giustizia: è un avvocato?”; “Caccia, boh, dev’essere un magistrato, non so”: così risponde la gente per strada nella stessa Torino, figurarsi nel resto d’Italia.
La proiezione del documentario, dunque, è un atto di utilità civile. Libera in questo modo spinge alla memoria attiva e alla ricerca della verità.
A presentare il video stasera ci saranno l’ex Procuratore capo di Torino Gian Carlo Caselli, il direttore de La Stampa Mario Calabresi, gli autori del film Elena Ciccarello, Davide Pecorelli e Christian Nasi, insieme con i famigliari di Caccia.
L’appuntamento è in via Verdi 18 alle 20,30; l’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.
Info sul sito di Libera Piemonte.