Terza classico = Maturità
Ansia
Fatica
Stanchezza
Responsabilità
Notti insonni
Studio matto e disperatissimo
In mezzo a questo lungo e terribile elenco, fra occhiaie che raggiungono i piedi e capelli perennemente legati, fra pomeriggi sui libri e tristi pensieri, giunge inaspettata, all’inizio del mese di aprile, al fiorire della primavera, simbolo di rinascita, la speranza di qualche raggio di sole, un po’ di colorito, qualche sorriso e tanto divertimento. Quando ormai i diciottenni stanno perdendo la forza, arenandosi distrutti e infiacchiti, si intravede il miraggio della gita, la mitica gita dii sei giorni per cui tanto abbiamo sudato fino alle ore piccole, e si inizia a sussurrare piano la parola “Grecia“. Sole, mare, relax, passeggiate e, soprattutto, libertà dallo studio. Non c’è spazio infatti nei bagagli pieni di t-shirt colorate e cappellini per i mattoni che sono ormai diventati, se non i migliori amici, la salvezza di tutti i maturandi.
Due classi, sei giorni, quattro professori, tanta allegria e il giusto di esuberanza: Valsalice è pronto a partire.
Sabato 12-04-14: Atene
Zeus e Metis regnavano sull’ Olimpo quando al re del Pantheon greco fu predetto che dal grembo della moglie sarebbe stato partorito un figlio che lo avrebbe spodestato. Zeus ingoiò a questo punto la consorte e si dimenticò del fatto fino a quando non fu assalito da una terribile emicrania, che lo costrinse a chiedere l’aiuto della divinità del fuoco. Efesto con il suo pesante martello colpì Zeus alla testa, facendo fuoriuscire in una densa nuvola di fumo Atena, dea della guerra e saggia protettrice delle arti. Ella presto iniziò ad interrogare il proprio padre, volendo una zona della Grecia tutta per sé. Atena entrò quindi in conflitto con Poseidone che rivendicava l’Attica sotto il proprio dominio. La contesa fra i due venne arbitrata da Cecrope che premiò Atena: la dea aveva infatti fatto germogliare dal nulla il primo ulivo mentre il dio del mare aveva fatto scattare in aria il primo cavallo. Cecrope aveva ritenuto migliore il dono di Atena, cui fu dedicata la città di Atene e l’ Acropoli stessa, sorta in alto, a custodire la città.
E’ qui che è iniziato il nostro viaggio alla scoperta della Grecia, accompagnati dall’esperto Atthanasis Chliaras, archeologo greco, che ci ha sapientemente illustrato il proprio paese. Tutto inizia dall’uomo, antropos, la cui radice significa “guardare in alto”: a differenza degli animali, gli uomini non si soffermano al contingente, ma vanno oltre, alla ricerca del divino, di qualcosa che possa indicare loro il proprio ruolo nel mondo. I templi che sorgono su questa altura sono segno di questa volontà di ricongiungimento con la divinità, animati dal desiderio di conoscere, gli uomini si affidano al pantheon, anelando a qualcosa di più.
Trascinandosi faticosamente al Museo dell’Acropoli e poi all’Agorà, i nostri moderni eroi spalancano gli occhi sullo splendore che li circonda e che tanto hanno studiato sui libri, rinchiusi nelle aule scolastiche.
Domenica 13-04-14: Delfi
In questo viaggio fra mito e leggenda, inframezzato qua e là da suvlaki e mussaka, il pullman, la moderna nave che accompagna le terze classico nelle terre inesplorate della classicità, giunge il secondo giorno al sito di Delfi, all’ombelico del mondo.
Si narra che un giorno Zeus lasciò’ andare due aquile agli estremi della terra, una verso ovest e l’altra verso est, i due volatili si incontrarono in questo sito, sul, monte Parnaso, nell’entroterra del continente. Da qui nasce la leggenda dell’ombelico del mondo, simbolizzato da una pietra rotondeggiante custodita nei pressi del tempio di Apollo. Questa località è infatti dedicata al dio della luce e della morte, uno dei gemelli nati da Leto; inizialmente l’oracolo apparteneva a Gea, la Terra, a motivo dei depositi di zolfo qui ritrovati, che aveva posto a guardia il drago Pitone. Il dio Apollo, il divinatore per eccellenza, sconfisse il drago e si impossessò di Delfi. Qui i suoi sacerdoti traducevano le parole dell’oracolo, la Pizia, una giovane donna invasata che, accecata probabilmente dalle foglie d’alloro o dai fumi dello zolfo, prediceva il futuro.
Anche il Museo del sito di Delfi è stato esplorato con la dovuta attenzione: in tal modo l’Auriga o i famosi Cleobi e Bitone, figli della sacerdotessa di Era premiati dagli dei con la morte e la conseguente immortalità, si svelano ai nostri occhi ammirati, ammaliati dai racconti della nostra eccezionale guida.
Siamo già a metà della nostra storia ma tante altre avventure ci attendono in questa terra ospitale, fra gente cordiale, cibo speziato e stradine da attraversare, casette arroccate e tappeti variopinti, musiche orientaleggianti e il mare davanti a noi.
Lunedì 14-04-14: Argolide, fra Micene ed Epidauro
La patria del re di Micene ci accoglie con le sue mura possenti che avevano il compito di proteggere il leggendario Agamennone e la sua stirpe. Dalle pietre rimaste si delinea un palazzo, una cittadella, una città più in basso e due grandi sepolcri, dimora di defunti di altri tempi. La Porta dei Leoni è il sacro benvenuto alla città che nasconde misteri e interrogativi che mai troveranno soluzione: che sia esistito realmente l’anax di cui ci parla Omero? Che la maschera contenuta nel museo attiguo al sito sia l’originale? Che le alte mura siano state realmente erette da creature da un occhio solo? Queste e tante altre domande assaltano le menti dei nostri archeologi improvvisati, pronti con argute domande a mettere in crisi le varie ipotesi proposte nei secoli.
Abbandonato l’alone di ambiguità della polis logorata dal tempo, prosegue il nostro peregrinare verso il teatro greco più’ famoso della nazione: Epidauro. Patria di Asclepio, figlio di Apollo, nato da Coronide, uccisa dal dio perché accusata di tradimento. Il celebre medico si serviva di pratiche e rimedi in grado di resuscitare i morti, tanto da scatenare in tal modo l’ira di Ade, che vide il suo regno disabitarsi e l’ordine delle cose invertire il proprio corso. Denunciato il fatto al dio dell’Olimpo, Ade ottenne che Aslepio fosse fulminato da una delle folgori di Zeus ma, in tal modo, fu ora Apollo ad adirarsi per la morte del figlio. Non avendo potere sull’aldilà il re degli dei si limitò ad innalzare il medico al rango di divinità e a conferire alla sua tomba poteri curativi.
Il teatro nasce infatti come espediente di divertimento che si recavano sul sito in cerca di cure, dopodiché acquisì una propria autonomia e ancora oggi è luogo di rappresentazione di tragedie: grazie ad alcuni speciali permessi anche le nostre attrici hanno potuto esibirsi ne “Le Troiane”, scatenando un fragoroso applauso.
Martedì 15-04-14: Atene
Di nuovo Atene è la scena del nostro lungo andare, da Eleusi al Museo Nazionale, fino all’Accademia di Platone.
Sulla terrazza del sito dei misteri, affacciata direttamente sull’isola di Salamina, abbiamo avuto modo di rivivere ciò’ che da Eschilo ne “I Persiani” ci è pervenuto.
E un alto grido suonar s’udiva insieme: «O figli d’Èllade, movete, orsù, liberate la patria, le spose, i figli liberate, e Vare dei Numi patri, e l’arche dei nostri avoli!». Surse di contro, dalle file nostre, un rumorio di persiani accenti: né d’indugi era tempo: già la nave alla nave battea col bronzeo rostro. Fu d’un navile ellèno il primo cozzo, e sfracellò d’un legno di Fenicia tutti gli aplustri; e nave contro nave chi qua chi là dirigono le prore.
La gran fiumana dell’armata persa resse da pria. Ma poi che la caterva dei legni nello stretto era stipata, né luogo avea reciproco soccorso, anzi l’un l’altro con i bronzei rostri si percoteano, gli ordini dei remi franti furono tutti; e i legni ellèni accortamente l’investiano in giro. Rovesce andaron le carene: sotto i frantumi dei legni, e sotto i corpi insanguinati, scompariva il mare, spiaggia e scogli eran colmi di cadaveri; e quante navi avean le schiere barbare, facean forza di remi, a sconcia fuga. Ma, come tonni, o come pesci in rete già stretti, gli altri con troncon’ di remi, con le schegge e i frantumi, li colpivano, li sbranavano: e gemiti di morte e trionfal clamore empieano il pelago, sin che li ascose de la notte il volto. Ma dir non ti potrei tutta la piena delle sciagure, pur se il mio racconto durasse dieci anni continui. Sappi bene questo, però: che si gran numero d’uomini in un sol di mai non fu spento.
Dolorosamente furono celebrati i vinti, i tracotanti persiani che avevano creduto di poter soggiogare il popolo greco e la città di Atene, comandata dall’abile Temistocle; la voce tonante del professor Lojacono legge questo passo a noi familiare, studiato a fatica nelle stancanti ore di autore greco, che qui acquistano però un sapore tutto nuovo, è l’universalità del teatro che parla.
Mercoledì 16-04-14: Capo Sounion
Si conclude la gita, sui toni dolenti e malinconici del racconto di Teseo e del Minotauro, fra il forte vento di Capo Sounion.
I giorni sono volati via in un attimo, nella leggera brezza del giovane entusiasmo, dello stare insieme e nel condividere con i propri amici tanti nuovi ricordi, gli ultimi di questo tipo. L’arrivo all’aeroporto di Malpensa vede infatti quarantaquattro facce stanche ma felici, con il sorriso sognante di chi con i pensieri è ancora a chilometri di distanza, fra le rovine di re e regine di secoli fa e i papaveri rossi che inondavano il paesaggio, piccole macchie di colore che dominano la tranquilla e soleggiata Grecia.
IL VIDEO CON LE FOTO DELLA GITA!