“Voi siete qui, Noi siamo qui perché amiamo la scuola.”
È questo l’incipit del discorso di papa Francesco a 300.000 persone radunate in piazza san Pietro, in via della Conciliazione.
Abbarbicate per fare festa. Per radunarsi con gioia intorno ad un Padre. Nonostante le difficoltà presenti e future nel mondo della scuola.
Centinaia di migliaia di scuole paritarie o meno, tra cui un cospicuo numero di Valsalice.
È un sentimento quelle che le unisce: l’amore per l’istruzione e il dono che quotidianamente ci è affidato. Da far crescere e da far maturare.
“Io amo la scuola perché la mia insegnate mi ha insegnato ad amarla.”
È nello sguardo dei professori che ci si riesce ad apprezzare. In una occhiata di fiducia, negli occhi di una persona che crede in ciò che l’altro può diventare, che si fanno passi in avanti affermandosi e soffermandosi in un desiderio di conoscenza, di curiositas.
Perché la scuola è sinonimo di apertura alla realtà. È la prima grande porta che immette nello straordinario mondo che ci è donato. Nello studio delle materie ci si apre alla pienezza della vita, ed ogni tassello va via via costruendo il mosaico della nostra esperienza così da renderci meravigliose opere d’arte.
La Gioconda di Leonardo in tutta la sua conturbante bellezza afferma però che nelle ombre di un mistero irrisolto, di una domanda perennemente rinovellata data dalle zone d’ombra nel sorriso che c’è e non c’è, sta il segreto del fascino.
Non bisogna mai dare nulla per scontato. Bisogna porsi sempre in continua ricerca, perché il dubbio e l’apertura alla conoscenza attirano.Proprio per questo motivo gli stessi insegnanti devono essere aperti alla realtà.
“I ragazzi hanno fiuto. Sono attratti dagli insegnanti incompiuti”. Nella loro incompiutezza insegnano ad imparare, a porsi sempre delle domande. Ad essere aperti ad ogni novità. Ad ogni straordinario miracolo della vita nel suo quotidiano riproporsi. Giorno dopo giorno.
E nell’incontrare nuove persone, nel socializzare con i compagni, nel relazionarsi con persone adulte si cresce e si incomincia un cammino di formazione. Per questo la scuola è un percorso non solo di conoscenza, ma di crescita che corrobora e fortifica quello incominciato nella famiglia.
Proprio per questo motivo dunque vi deve essere una stretta collaborazione tra i due. Perché “per educare un figlio ci vuole un villaggio.”
Finisca dunque quel continuo contrasto tra genitori e insegnanti! Quel rapporto infecondo che non genera null’altro che inibizione di ogni qual genere di tentata crescita dei giovani in collaborazione con le persone che sono lì disposte ad aiutarlo.
Negli scontri tra casa e scuola non si fa che perdere la fiducia e l’obiettivo educativo non riscuote nessun successo. Solo insieme, collaborando, possono diventare le chiavi capaci di spalancare il complicato ingranaggio del cuore. Per farlo volare e fargli desiderare di raggiungere le stelle. Per scommettere su ciò che si sarà.
E’ importante nel mondo dell’istruzione, inoltre, preferire una sconfitta pulita piuttosto che una vittoria sporca.
Spesso copiare sembra la via più semplice da imboccare e talvolta può dare i suoi frutti. Ma sempre in vista di una crescita personale il ricevere un brutto volto e la capacità di rialzarsi non possono che essere formative e fruttuose. Sempre nell’obiettivo ultimo dell’educazione scolastica: quello di insegnare a vivere e ad amare il buono, il vero e il bello.
Tre temi molto ambiziosi, a proposito dei quali ci si deve interrogare, senza mai smettere di indagare.
E “se una cosa è vera, è buona ed è bella; se è bella, è buona ed è vera; e se è buona, è vera ed è bella”. La vera educazione non tenta di raggiungere compromessi.
La vera educazione, quella di cuore, punta in alto! Senza aver paura che l’allievo non possa raggiungerla.
Perché nella fiducia riposta in lui scaturisce e sboccia un fiore. Inaspettato.
E nel linguaggio armonioso della mente, del cuore e delle mani si impara ad imparare.
“E per favore… per favore, non lasciamoci rubare l’amore per la scuola!”