• martedì , 23 Aprile 2024

Galeotto fu il supermercato

Una piccola rapina al supermercato, con furto di cesoie, concime e di un paio di mutande, per una somma totale di circa 70 euro. Un crimine tanto irrilevante da non avere normalmente alcuna eco mediatica, probabilmente dovuto all’indigenza di un uomo tanto colpito dalla povertà da non potersi permettere neppure le più modeste spese.

Ecco perchè tutti, dal direttore del carcere nel quale scontava la propria pena all’addetto antitaccheggio del negozio, sono rimasti a bocca aperta di fronte all’ultima impresa criminale del famigerato Renato Vallanzasca.

Il bel Renè (questo il suo nomignolo, da lui odiato, nei primi anni da criminale) è stato uno dei massimi protagonisti della storia della malavita italiana. Nato a Milano nel 1950, fu giovanissimo il leader della banda della Comasina, organizzazione attiva nel capoluogo lombardo negli anni ’70, nella quale si arricchì fino al primo arresto a San Vittore. Da quel momento ha inizio una lunga serie di tentate evasioni, con ritorni alla criminalità, e di numerosissime rivolte carcerarie, spesso accompagnate da efferati omicidi, che lo portano a essere condannato a ben 4 ergastoli, per l’esorbitante pena finale di 296 anni di reclusione.  Dopo la rifiutata richiesta di grazia al Presidente della Repubblica del 2005, Vallanzasca inizia a ottenere, fra alterne vicende, non prive di nuovi contatti con il crimine, una maggior indipendenza, fino all’ultimo gesto del 13 giugno, compiuto durante il regime di semilibertà concessogli dal carcere di Bollate.

Vallanzasca

Renè stava godendo, in seguito al recente comportamento integerrimo, di uno speciale permesso di uscita per l’intero weekend, che gli avrebbe consentito il ritorno in carcere lunedì, quando, entrato nel supermercato di viale Umbria attorno alle 20:00, si è rifiutato di mostrare il contenuto della sua borsa all’addetto alla sicurezza, forse rispondendo “Non sapete chi sono” alle richieste. Inizialmente non riconosciuto, è stato quindi identificato dalla Polizia giunta sul luogo, nello stupore generale.  Salito sulla volante senza protestare, è stato poi processato per direttissima, con la temporanea revoca della semilibertà (entro fine mese la decisione definitiva dei magistrati).

Il gesto è apparentemente inspiegabile: il direttore del carcere di Bollate afferma che “niente ci avrebbe fatto immaginare un gesto così illogico da parte sua, la misura della semilibertà scorreva in modo lineare”, mentre la legale di Vallanzasca è “incredula“, così come i media nazionali, memori della orribili gesta del supercriminale che aveva terrorizzato e impressionato l’Italia fra gli anni ’70 e ’80.

Vallanzasca carcere

Difficile infatti comprendere il movente di un piccolo furto di questo tipo, per di più compiuto in un momento di relativa indipendenza per l’uomo. Forse Vallanzasca non ha semplicemente saputo resistere al vizio di rubare, al richiamo del passato: di fronte all’occasione di delinquere il criminale ha seguito il proprio istintivo desiderio . Ancora, è possibile che sia stato il brivido del crimine fine a se stesso a influenzarlo, ormai stanco di una vita fin troppo tranquilla e monotona. Comunque Renè era ormai “pulito” da anni e non aveva sfruttato altre occasioni più interessanti di un furtarello al supermercato, destinato per di più a esser ben presto punito (ne era certamente consapevole), ponendo fine ad alcuni privilegi duramente ottenuti dopo decenni di carcere.

La soluzione è più probabilmente suggerita dal luogo dove Vallanzasca ha rubato, un supermercato, proprio come quando, nel 1972, la sua scalata al potere fu per la prima volta interrotta dalla squadra mobile di Milano di Achille Serra. Ormai molto più vecchio e stanco di un tempo, il criminale non poteva accettare di essere semplicemente dimenticato come uno qualunque, come un mediocre uomo di mezza età. Desiderava tornare il grande malavitoso, fare ancora notizia, essere temuto. Anche soltanto per un istante, essere riconosciuto, nel corpo sovrappeso e stempiato di un anziano, come il bel Renè.

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