• giovedì , 28 Marzo 2024

La serietà del comico

In occasione dello spettacolo del 10 ottobre, organizzato al Teatro Nuovo dalla Fondazione Nazionale contro Fibrosi Cistica, le terze classi dello Scientifico di Valsalice hanno avuto l’occasione di dialogare con Granfranco Jannuzzo, attore protagonista del recital.

Dopo un’  introduzione di Enza Furnari, responsabile dell’ente contro la malattia, studiata dai ragazzi sui banchi di scuola, è stato il turno di Jannuzzo. Fra risate e sorrisi, il comico ha spiegato il senso dello spettacolo, rispondendo infine, con estrema disponibilità, alle domande del Salice.

[box] La fibrosi cistica è una malattia genetica, che porta normalmente alla morte per soffocamento e causa problemi respiratori per tutta la vita. E’ particolarmente infida: spesso portatori sani del gene causa della malattia non sono consapevoli della propria condizione, né l’ esame, sufficiente per la prevenzione, viene di routine eseguito. Grandi progressi negli ultimi anni sono stati compiuti: se prima i malati morivano nei primi mesi di vita, oggi l’età media dei malati è di circa 40 anni. In Italia l’ente di maggior rilievo per la lotta alla malattia è la Fondazione di Ricerca sulla Fibrosi Cistica (www.fibrosicisticaricerca.it), il cui scopo fondamentale è quello di informare sulla malattia, con una particolare attenzione per i giovani, devolvendo poi direttamente, senza alcuno scopo di lucro, il denaro ricavato per la ricerca. Proprio a questo proposito, ogni anno sono previste campagne d’ informazione (adesso in corso quella autunnale), che vedono, al fine di raccogliere più fondi possibile, la partecipazione di diversi importanti partner (la Fondazione collabora con la serie B per il progetto “Dai un calcio alla Fibrosi Cistica” e Carlo Verdone, fra gli altri, è uno dei principali testimonial contro la malattia). [/box]

http://www.youtube.com/watch?v=a1dLlDsRRTg

Come ha iniziato la sua carriera di attore? 

Fin da piccolo sono sempre stato interessato all’osservazione della realtà e dei comportamenti umani. Dopo il liceo Classico ho avuto la fortuna di partecipare alla scuola di Recitazione di Gigi Proietti: senza alcuna ipocrisia, un’esperienza che mi ha cambiato la vita. Lì ho imparato a essere attore poliedrico, a  cercare di spaziare fra diversi generi e, soprattutto a imparare ridendo, partendo dall’osservazione del prossimo. Da quel momento ho sempre cercato di migliorarmi, in competizione soprattutto con me stesso, più che con gli altri. Ho incontrato molti grandi dello spettacolo (Rossella Falk e Gino Bramieri, fra i tanti) e non c’è persona da cui non abbia imparato qualcosa di prezioso. Forse avevo all’inizio del talento, ma è stata l’esperienza a rendermi quello che sono. Ancora oggi imparo quotidianamente da tutti.

Come ha conosciuto la malattia e quindi la Fondazione per la Ricerca contro la Fibrosi Cistica?

A colpirmi profondamente e a portarmi nella tragicità della malattia è stata la vicenda della famiglia Marzotto, i famosi stilisti. Annalisa Marzotto scoprì di essere malata giovanissima e nonostante le migliori cure possibili e i grandi progressi della ricerca, per lei non ci fu nulla da fare. Quando mancò si trovava in Pennsylvania, provando a lottare contro la Fibrosi Cistica, mentre il fratello Matteo in servizio militare: non poterono neanche scambiarsi un ultimo abbraccio, essere vicini nel momento del bisogno. Mi sono così avvicinato alla Fondazione, anche grazie a una serie di amicizie, e adesso, aiutato al grande entusiasmo di Enza, sono qui. Con la ricerca è possibile portare l’età media dei malati nella normale media di mortalità, debellando la malattia.

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Di cosa parla lo spettacolo che porterà a teatro, “Recital”?

Lo scopo è quello di trasmettere un messaggio serio ed importante attraverso la comicità. Giocherò con la magnifica varietà linguistica dei dialetti italiani (tenterò un’inedita traduzione dal siciliano al piemontese), per omaggiare l’Italia che amo, capace di offrire una così grande pluralità di comportamenti, tutti da osservare. Metterò poi in scena il ruolo della donna nella tradizione, ad esempio nella mia Sicilia (si dice che lì le donne si distinguano dagli uomini perchè hanno i baffi più folti), tornando quindi a ricordare quanto sia essenziale e straordinaria nella società. Ancora, tratterò ironicamente la paura della morte, per ricordare quanto sia comunque bello e necessario l’attaccamento alla vita. Senza troppo anticipare, proverò insomma a dimostrare che la risata è un mezzo di comunicazione eccezionale, capace anche di vincere, come in questo caso, delle tragedie.

La televisione è cambiata e con essa il modello di comicità, che oggi sembra essere più incentrata sulla quantità che sulla qualità. Qual è la sua idea in proposito?

Ormai da molto tempo non vado più in televisione: non per superiorità o arroganza, ma perchè nei tempi che mi vengono proposti non ho i mezzi per far ridere. La comicità di oggi è più un tentativo di suscitare la risata in maniera subitanea e veloce, senza troppa riflessione. Si tralascia un sorriso più profondo dopo un accurato studio della realtà. Personalmente mi considero un pessimo insegnante, però sono convinto che dietro ogni esibizione, anche se improvvisata, ci debba essere una grande preparazione. Non sono convinto, come si pensa oggi, che la comicità in tempi più brevi possa divertire di più e aumentare gli ascolti: il pubblico è invece perfettamente in grado di cogliere la qualità.

 E’ più difficile far piangere o far ridere?

Per quanto si dica spesso  il contrario, la comicità è più complessa. E’ molto più difficile suscitare un riso sincero che non delle lacrime, facendo leva su luoghi comuni. Mi piace spiegarlo così: un applauso si può tranquillamente pagare (la claque esiste da sempre), mentre è impossibile farlo con una risata.

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Qualche consiglio per chi vorrebbe intraprendere una carriera nel mondo dello spettacolo?

Imparare sempre, con umiltà, da chiunque. La comunicazione nasce sempre dall’osservazione, dalla rielaborazione della propria interiorità, e non si può mai pensare di essere arrivati. Inoltre l’ambizione, che pure,  soprattutto fra ragazzi, è più che sensata, ma non deve mai portare a tralasciare i valori fondamentali che ci muovono, avendo sempre rispetto per se stessi. Quando studiavo con Gigi Proietti, ci permetteva sempre di ridere e scherzare, pur lavorando con il massimo impegno. Senza mai dirlo, mi ha insegnato qualcosa di fondamentale: non prendetevi mai sul serio, perchè il nostro è un lavoro serissimo.

Per vedere l’intervista della web tv di Valsalice a Gianfranco Jannuzzo clicca qui

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