• giovedì , 28 Marzo 2024

Smart-phoné

[box]”Gregorio Fracchia è un giovane chitarrista e compositore. Il suo desiderio è di portare la chitarra in contesti non chitarristici.” La passione che lo spinge a comunicare emozioni attraverso gli accordi, ora si è tradotta in parole. Il suo nuovo libro, Smart-phoné, vuole essere un tentativo ulteriore di diffondere la bellezza inebriante della musica e dell’arte. Il libro, edito da Editoriale Scientifica, è disponibile anche in formato e-book. Per saperne di più:  http://www.gregoriofracchia.com/smart-phone/ [/box]

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Da cosa nasce l’idea di scrivere un libro?

Nasce da un desiderio: volevo pubblicare prima dei 18 anni due album di composizioni, e mi piaceva molto l’idea di avere un libro mio prima di compierli. Ho deciso di scriverlo a luglio, mentre ero in Irlanda. Ho maturato le idee principali più o meno in due ore, mentre facevo una passeggiata in montagna. Poi ho iniziato a scrivere.

Smart-phoné. Da cosa deriva il titolo?

Il suono (phoné) è la cosa più affascinante che esista. Come scrivo nel libro, oggi un musicista classico ha due possibilità: annoiare un pubblico intorpidito dal banale, oppure affascinarlo, rendendolo smart. La musica è emozione, meraviglia, incanto. Mai noia. Tutto sta nel riuscire a comunicare, sempre evitando la superficialità. Questo libro vuole essere il tentativo di raccontare la bellezza e la profondità della chitarra oggi: insomma, un invito a spegnere gli smartphone e ad accender il cuore.

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Qual è stato l’iter per la pubblicazione? Hai riscontrato qualche ostacolo nel tuo percorso?

Ho iniziato a scrivere e ad informarmi, cosa necessaria quando si vuole affrontare un argomento con un intento scientificamente serio. Su ogni idea che proponi ci sono fiumi di letteratura, che devi dimostrare di conoscere e dominare, senza lasciarti sopraffare. In un mese e mezzo circa ho finito di scrivere, poi ho iniziato a rileggere. L’obiettivo che ci si deve porre quando si scrive è quello di farsi capire, quindi bisogna essere chiari anche quando si parla di tematiche complesse. Terminata la revisione, ho mandato il materiale all’editore; il lavoro gli è piaciuto molto da subito. Mi ha chiamato e mi ha detto che avrebbe voluto pubblicarlo, e, il giorno dopo avergli inviato la versione definitiva, mi ha mandato le prime bozze in Pdf, che ho corretto e rispedito. Dopo svariate revisioni, in due settimane il libro era pubblicato.

Non pensi che la giovane età ti abbia spinto a pubblicare un lavoro ancora “immaturo” e che un giorno potresti non apprezzare più?

No. Ho preso e trattato la mia idea molto seriamente e credo che sia un lavoro abbastanza maturo. Se non l’avessi reputato tale, non l’avrei pubblicata.

Da cosa nasce questa tua passione per la filosofia?

Probabilmente il merito è in parte di mio papà. Grazie alla sua seconda laurea in filosofia mi ha avvicinato a questa materia a cui, con il tempo, ho iniziato ad appassionarmi.

Come vivi questa commistione di arte visiva, cinematografia, musica e filosofia? Qual è il minimo comune denominatore?

Sono tutti lati dello stesso prisma, ma ci sono differenze. All’arte  figurativa manca, quasi sempre, l’aspetto performativo.  Filosofia e teatro hanno un limite linguistico. La parola, che è il cardine attorno a cui si articola il pensiero filosofico, implica la ragione, che non consente di arrivare all’assoluto. L’unico modo per “squarciare il velo” della ratio è abbandonarsi a uno stato di sospensione, quasi di trance mistica (che io ho voluto chiamare epoché) possibile nell’esibizione musicale. Sembra un concetto difficile, ma in fondo è quello che Maradona faceva tutte le volte che s’inventava giocate strabilianti: entrava in una “bolla di sapone”, che lo isolava da quanto lo circondava. Faceva cose che non sapeva spiegare né, magari, capire. Ma si emozionava. Ed emozionava.

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Qual è la differenza tra talento e genio?

Il talento fa quello che vuole, il genio quello che può, ma paradossalmente solo il secondo “lascia qualcosa”. L’arte è quanto di più antidemocratico esista al mondo: c’è chi è dotato e chi non lo è; non c’è spazio per le mezze misure, ci sono solo pesi massimi.  Nel libro sostengo che il genio riesce a esprimere, attraverso la performance, l’intento artistico del compositore, che è il substrato irrazionale sotteso alla codificazione della partitura musicale. Fare arte significa proprio “leggere fra le righe” per trovare quello che non c’è scritto perché non si può scrivere, ma che è in realtà ciò che il compositore vuole scrivere.  In parole povere il genio scuote il pubblico, mentre il talento tutto al più lo “accarezza.”

Nel libro affermi la superiorità della comunicazione musicale su quella verbale. Allora perchè scrivere un libro?

Nella vita bisogna pur pensare, e quando lo si fa non si deve rischiare di lasciare dei concetti in aria. Le mie riflessioni sono pensieri che rimangono scritti. Completano la figura esecutiva e compositiva.

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