• venerdì , 19 Aprile 2024

For Greater Glory

1926.

Una vicenda che raramente si ricorda. Persino sui banchi di scuola.

In Messico il presidente Plutarco Elias Calles impone una legge che restringe la libertà religiosa impedendo ai sacerdoti di officiare il loro ministero. Impedendo ai cristiani di concretizzare la loro fede.

La risposta non si fa attendere. I cristiani continuano a vivere i sacramenti proclamando ciò che credono. Ma i federali intervengono attaccando. Uccidendo. Sterminando.

Irrompono nelle chiese e durante il mistero eucaristico, in quel rivivere l’Immenso e Salvifico Sacrificio, sparando sulla folla in preghiera, su uomini, donne e bambini.

I sacerdoti che non vogliono abbandonare i paramenti sacri, che continuano a pregare, vengono messi al muro, impiccati.

E una scena fa subito tremare lo spettatore: il martirio di padre Christopher, che posto davanti alle armi, alzando gli occhi al cielo, spira sussurando le parole del Padre Nostro.

“E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”.

Il perdono è e diventa la testimonianza di un credo professato e vissuto. In ogni istante. Fino all’ultimo respiro.

E oltre ai martiri novelli in cui prevale l’idea di pace e affidamento, nascono i cosiddetti “cristeros”. Uomini e donne che per legittima difesa si organizzano in un esercito sotto il grido di “Viva Cristo Re“.

E grazie al sapiente aiuto del generale Enrique Gorostierta riescono persino ad ottenere delle vittorie.

Loro, i contadini pezzenti.

Loro, i cristiani che non si arrendono.

Ogni personaggio, sapientemente descritto e ripreso nel film, ha una propria identità e una propria testimonianza.

Ma le lacrime si fanno inesorabilmente strada negli occhi dello spettatore nel momento in cui Josè tra le torture, con le piante dei piedi martoriate, nella grandezza morale dei suoi 13 anni, viene disumanamente ucciso.

Perché nel grido incessante che professa la propria fede sta l’umanità e la santità di una persona in una testimonianza coerente e salvifica.

Questo è quindi il messaggio più importante. E’ l’invito rivolto a ciascuno di noi, nel nostro essere cristiani, a non lasciarci determinare dalle torture del mondo. A non lasciarci sopraffare dalla inevitabile e perseverante persecuzione di media o della cultura ingente.

Perché prima di noi avanzano i titani dello spirito, i piccoli grandi martiri di ieri che ci spingono verso la giusta direzione, aprendoci la strada.

Perché se un bambino di 13 anni non si è lasciato determinare dal dolore e dalla grettezza umana anche noi possiamo vincere ed elevarci al di sopra delle quotidiane e irrispettose prese in giro.

Coscienti del fatto che anche oggi non lontano da noi, mentre noi ci facciamo determinare da inutili, vuote parole, in più parti del mondo Cristiani, degni di questo nome, continuano a lottare e muoiono nella testimonianza.

Sussurrando con l’ultimo respiro: “perdono“.

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