• martedì , 23 Aprile 2024

Occhio alle nuove spie

di Francesco Pavesio

È scoppiato l’ennesimo caso di sicurezza informatica. Il giornale “Guardian” ha infatti rivelato che alcuni dipendenti Apple ascoltano le conversazioni (strettamente personali) con Siri, per, a loro dire, migliorare i servizi. Tuttavia è ormai ovvio che tali informazioni non rimarranno dentro le mura di Cupertino. Ormai è noto che tali informazioni, rinominate big data, possiedono infatti un mercato a sé, rappresentando a tutti gli effetti una moneta, un patrimonio, che ogni persona in possesso di un apparecchio elettronico può gestire e far fruttare. 

Andiamo con ordine. Il 25 maggio 2018 è entrata in vigore la legge GDPR, la quale permette a chi abbia consegnato i suoi dati ad un’azienda privata di richiederli o di farsi pagare per essi. Tutto ciò che bisogna fare è dunque non donare i propri dati a chiunque li chieda, ma venderli, guadagnando cifre di tutto rispetto, con un giro d’affari di un miliardo di euro solo in Italia. Queste azioni tuttavia non sono semplicissime perché ovviamente alle aziende non piace dover pagare un qualcosa che potrebbero avere gratis; servono dunque sempre più iniziative che si adoperino per salvaguardare i diritti dei possessori dei dati.

Per questa ragione stanno in questo periodo nascendo alcune realtà come Weople, ovvero aziende che obbligano le altre società a riconsegnare i dati, non per conservarli e non darli a nessuno (azione inutile che sarebbe come mettere i soldi sotto il materasso) ma per utilizzarli coscienziosamente, vendendoli a chi mantiene la privacy del privato cittadino e sottosta alla legge sopra citata. La legge GDPR è una normativa europea, che interessa anche i grandi colossi americani che hanno bisogno del vecchio continente per sopravvivere; tuttavia ci sono ancora alcuni che non hanno bisogno di rispettare nessuna normativa: è il caso dell’app che invecchia il volto, utilizzata da molti personaggi famosi e che poco tempo fa spopolava sui social. I dati presi da questa app finivano in dei server russi che potevano farne ciò che volevano.

Tutto questo però non deve allarmarci perché cercare semplicemente di rimanere “invisibili” sta diventando ormai quasi impossibile. Qualsiasi ricerca su google viene tracciata. L’unico modo per difendersi dunque dalle aziende come appunto google, è utilizzare i propri dati coscienziosamente e cercare di farli fruttare. 

In fondo in realtà la “moneta” dei dati non è nata solo oggi: già dalla nascita di alcune compagnie come quelle di Zuckerberg era ovvio che in un modo o nell’altro avremmo dovuto pagarlo. Oggi i giovani passano la maggior parte del loro tempo sui social, il che li rende sostanzialmente il loro passatempo preferito. Non si può pretendere dunque che una tale attrazione sia completamente gratuita. Essa ha infatti un costo, anche parecchio elevato, solo che noi ancora non ce n’eravamo accorti. 

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