• venerdì , 26 Aprile 2024

Il duplice sforzo di mentire

Era il 410 a.C. quando Alcibiade, dopo essere stato accusato dai suoi oppositori politici del sacrilegio delle erme, passò dalla parte di Sparta proponendo e supervisionando alcune campagne militari contro la sua città natale, Atene. Fu uno dei primi ribaltonisti di cui si ha notizia, cambiò diverse volte partito politico e patria.

Mentire, ingannare, raggirare o più semplicemente omettere sono azioni che hanno caratterizzato da sempre la storia della nostra civiltà. Abbiamo da sempre notizia o sospetto che si verifichino in ogni angolo del mondo, per questo sono stati effettuati numerosi studi al riguardo. Nonostante ciò siamo arrivati alla conclusione, per il momento, che non esista un metodo per riconoscere al 100% chi mente. Infatti risulta, da uno studio effettuato dallo psicologo Aldert Vrij dell’Università di Portsmouth (UK), che siamo in grado di riconoscere in media una bugia solo nel 56,6% dei casi.

Tuttavia, nonostante sia difficile e non esista un metodo perfettamente efficace, vi sono numerosi comportamenti comuni ai bugiardi.

In particolare, i ricercatori dell’Università di Rochester (New York) hanno messo assieme il più grande database di espressioni facciali al mondo e hanno scoperto che quando mentiamo ci spunta un sorriso, il cosiddetto sorriso di Duchenne, con i muscoli delle guance tirati verso i muscoli degli occhi. Fino a poco fa questo sorriso era associato ad una genuina sincerità, ma i ricercatori hanno rivelato che si tratta di una maschera a subdole menzogne.

Inoltre, alcuni ricercatori della Temple University di Philadephia hanno scoperto che, per quanto riguarda l’attività cognitiva del nostro cervello, chi mente compie uno sforzo maggiore rispetto a chi semplicemente dice la verità, utilizzando un maggior numero di regioni del cervello.

A 11 volontari è stato chiesto di compiere un atto e successivamente, ad alcuni di loro, di mentire in proposito. Gli scienziati hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale per immagini (fMRI), solitamente adoperata per fini medici, che permette di tracciare una mappa dell’attività cerebrale con una precisione millimetrica. Mentre i volontari rispondevano alle domande è stata impiegata la fMRI e contemporaneamente anche il poligrafo, meglio conosciuto come macchina della verità. Entrambi i metodi hanno funzionato rivelando i bugiardi.

Tuttavia, nonostante alcuni tribunali americani ammettano i risultati del poligrafo come prova, numerosi scienziati hanno rivelato che è relativamente facile imbrogliare la macchina della verità. Infatti, molti individui sono ansiosi anche se stanno dicendo la verità mentre il vero bugiardo non è ansioso quando mente, quindi poiché il poligrafo non fa altro che misurare i livelli di stress e ansia è facile che i risultati ottenuti siano ingannevoli.

Da questo studio è inoltre emerso che chi mente in maniera compulsiva possiede tra il 22 e il 26% di materia bianca in più nella corteccia prefrontale del cervello. È possibile che ciò sia dovuto al duplice sforzo di mentire, che si traduce in una maggiore attività cerebrale. Secondo gli scienziati, infatti, una bugia è composta da due parti: creare la menzogna e nascondere la verità.

Uno studio pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology, tra i primi a concentrarsi sul logorio interiore di mantenere i segreti e ritornare ad essi con la mente nei momenti di solitudine e non solo.

I ricercatori della Columbia Business School hanno analizzato 13 mila segreti confessati da circa duemila volontari in diversi studi precedenti, per capire su che cosa si menta di solito e perché avere qualcosa di inconfessabile risulti essere un’esperienza estenuante, associata a depressione, ansia e stanchezza fisica.

In tutto sono stati indagati 38 possibili tipologie di segreti, dall’infedeltà coniugale ai problemi finanziari, dall’orientamento sessuale all’aver mentito circa un hobby o aver violato la fiducia altrui. Risulta che la fatica mentale sia dovuta non tanto alle menzogne raccontate per crearsi un alibi quanto al fatto che la mente ritorna spesso a logorarsi sull’accaduto. La ricerca rivela un nuovo modo di pensare ai segreti e alle loro conseguenze sulla salute. Risulta che per renderli più facili da sopportare sia meglio pensare prima a come accettarli e solo successivamente a come nasconderli agli altri.

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