We live at a time when all can be seen and watched. Also a time when a Boeing 777 can disappear without a trace. It’s a bit of a riddle
— david carr (@carr2n) 17 Marzo 2014
«Viviamo in un’epoca dove tutto può essere visto e osservato, ma anche in un’epoca dove un Boeing 777 può scomparire senza lasciare alcuna traccia… Piccolo enigma!», sono queste le parole con cui David Carr, autore e giornalista statunitense del New York Times, commenta su Twitter la notizia della scomparsa dell’aereo della Malaysia Airlines con a bordo 239 passeggeri. Dall’ormai lontana notte dell’8 marzo, quando il velivolo, dopo esser decollato alle 00:41 ora locale da Kuala Lumpur, è definitivamente uscito dal controllo di ogni segnale radar all’1:30 – 18:30 in Italia –, sono state teorizzate le ipotesi più svariate: da un “semplice” guasto, alla più inquietante prospettiva di un dirottamento voluto a fini terroristici. Oltre 25 Paesi contribuiscono allo svolgimento delle ricerche; eppure, fino a ieri – quando presunti resti del Boeing sono stati trovati nella parte meridionale dell’Oceano Indiano –, tutti si sono ritrovati spiazzati di fronte a questo inaspettato incidente.
L’osservazione di D. Carr, nel suo quasi amaro sarcasmo, lancia in parte un messaggio alla società contemporanea; in effetti, al giorno d’oggi viviamo nel rischio – o nella stessa convinzione – di identificare nel progresso l’invincibilità dell’uomo: siamo tutti talmente affascinati dai grandi strumenti che la tecnologia ci fornisce, che pensiamo che tutto con essi sia possibile, e allo stesso modo tutto da essi sia risolvibile.
Questa visione, un po’ estrema se vogliamo, rappresenta però la pura sintesi dell’ingegno umano: da sempre proiettati verso l’alto, continuiamo a rifugiarci nella Scienza – perché forse, a differenza della Religione, è l’unica spiegazione dell’essenza del mondo che sentiamo veramente nostra – e a sperare in essa; quando poi i nostri strumenti non sono sufficienti, ci sentiamo come spaesati, ignoranti in una parte della conoscenza suprema del cosmo.
Purtroppo però, nessun uomo sarà mai in grado di dare una spiegazione a tutti i più grandi dubbi che abbiamo, e allo stesso tempo non smetterà di sentire quella «sete natural che mai non sazia». Siamo, un po’ come la nostra società, costruiti su contraddizioni: da un lato proiettati all’infinito e all’onnipotenza, dall’altro sentiamo il peso della nostra piccolezza nei confronti dell’Universo.
Se pensiamo che quando, agli inizi degli inizi, l’uomo colonizzò la Terra, non immaginava neanche l’esistenza delle Americhe, e quando le scoprì circa sei secoli fa non sognava mai e poi mai che fosse possibile raggiungere la Luna, ci viene da ipotizzare di quanto e che cosa sia ancora capace l’umanità, quanti limiti riuscirà a superare e quanti ancora se ne ritroverà davanti avanzando sempre di più… Charles Bukowski diceva: «L’incertezza della conoscenza non è diversa dalla sicurezza dell’ignoranza»; noi uomini siamo un misto di conoscenza e ignoranza: l’una ci esalta, l’altra ci ridimensiona, così che non smetteremo mai di avere quella giusta sete di sapere (…di vivere).