di Benedetta Laurora
Come avviene da sempre, le presidenziali americane si scaldano a meno di tre mesi dal voto. Già durante le due convention, quella repubblicana a Cleveland e quella democratica a Philadelphia, si è dato il via ai colpi bassi che renderanno questi tre mesi intensi e spumeggianti. Dal 18 al 21 luglio si è tenuta la convention Repubblicana dove sono emersi voti di protesta contro Donald Trump. Dal discorso plagiato di Melania Trump e dai delegati in rivolta fino a Ted Cruz, senatore che ha rifiutato l’invito a salire sul palco per dare il suo appoggio al candidato invitando, invece, a “votare secondo coscienza”.
Dal 26 al 28 luglio ha avuto sede presso Philadelphia la convention Democratica dove Hillary Clinton ha cercato di intercettare il voto delle donne, dei giovani e delle minoranze. Il metodo usato per arrivare al punto è stato, in primis, di screditare Trump, presentando una visione positiva del futuro degli Usa e promettendo di affrontare le diseguaglianze economiche. A sostegno della ex first lady, sul palco si sono presentate tutte le prime linee del partito: il presidente Barack Obama, il vicepresidente Joe Biden, Bernie Sanders, la first lady Michelle Obama e la famiglia Clinton al completo. Tra i grandi protagonisti bisogna anche citare l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg e il senatore della Virginia Tim Kaine, scelto da Hillary come candidato vicepresidente.
La candidata democratica, però, deve fare i conti con il suo incubo peggiore: la posta elettronica. I guai informatici che avevano creato un vero e proprio scandalo quando Hillary era segretario di Stato, (usava la posta privata mettendo così a rischio la sicurezza), sembrano essere tornati. I sistemi informatici utilizzati dalla campagna elettorale della Clinton sono stati violati e, secondo il New York Times, i colpevoli potrebbero essere pirati informatici russi. Il portavoce Nick Merrill afferma che “dalle verifiche condotte dagli esperti di cyber-sicurezza non sono emerse indicazioni che il sistema interno sia stato compromesso”, ma per ben cinque giorni gli hacker hanno violato il programma di analisi. La faccenda, dunque, viene presentata dal direttore della Cia John Brennan come una “questione molto seria” e anche Obama è intervenuto a riguardo: “tutto è possibile. I Russi violano da tempo i nostri sistemi, quelli governativi e quelli privati”.
Di fronte a questo scandalo ecco che Donald Trump non perde l’occasione per giocare sporco e incita la Russia a “trovare le 30mila email sparite dai server privati di Hillary Clinton”, scavando nel suo passato di ex segretaria di Stato per “rispolverare” il sospetto di aver cancellato email personali prima di consegnare la corrispondenza all’Fbi.
Insomma la corsa alla Casa Bianca sembra presentarsi ricca di colpi di scena e turbolenze imprevedibili per entrambi i partiti, ma per sconfiggere il nemico il punto “clou” sono i soldi e su questo campo la ex first lady presenta un discreto distacco: 387 milioni di dollari sono stati raccolti finora, contro i 98 milioni di Trump. Sembra un vantaggio impossibile da recuperare per il candidato repubblicano, che, però, non ha intenzione di tirarsi indietro sfruttando ogni minima risorsa per colpire e affondare il suo avversario.