• sabato , 20 Aprile 2024

Pirati per forza

Nel corso di questa “terza rivoluzione industriale” in atto, con l’avvento e la diffusione massiccia dell’informatica e di Internet, sono cambiate le carte in tavola per quanto riguarda il copyright (“diritto di copia”).

Infatti, se fino a qualche decennio fa le opere d’ingegno, in particolare quelle più comuni come libri, musica e film, avevano una distribuzione gestita totalmente da chi le produceva (di fatto, le case editrici, discografiche  e cinematografiche) ora lo scenario è completamente diverso: grazie al Web, ora sono anche gli utenti finali in grado di distribuire (illegalmente) le suddette opere a chiunque, scatenando le ire delle varie associazioni (soprattutto quelle musicali e cinematografiche, le più colpite dalla condivisione illecita delle opere), con potenziali risultati anche inquietanti, come si vedrà.

 

Trattando questo argomento, è utile soffermarsi brevemente sul significato del copyright e del diritto d’autore.

Sul sito della SIAE (la società che in Italia ha l’esclusiva per la protezione delle opere di ingegno), la deposizione del copyright è definita come “forma di protezione” per varie opere di natura creativa. Per semplicità, il copyright può essere considerato come il diritto esclusivo di un autore per  la riproduzione e distribuzione della sua opera, come stabilito dalle norme del diritto d’autore. Questo diritto esclusivo, a differenza dei diritti morali (come quello alla paternità dell’opera) è di fatto cedibile, dietro compenso, ad altri. Si noti che il diritto d’autore (e dunque anche il copyright, regolato dal suddetto diritto) dovrebbe decadere (in Italia) dopo settant’anni dalla morte del creatore dell’opera, perché anche la collettività possa godere dei benefici di tale opera.

E, per tornare all’argomento iniziale, è da notare come vi siano alcune associazioni che operano negli interessi dei vari produttori: due di queste -probabilmente le più note e importanti- sono la RIAA (per la musica) e la MPAA (per i film), entrambe americane, molto influenti nel loro ambito; basti pensare, ad esempio, che negli Stati Uniti è la MPAA ad occuparsi del rating dei film, una sorta di indicazione consigliata in base all’età (simile ai bollini verde, giallo e rosso dei programmi televisivi).

Si deve inoltre ricordare un documento importantissimo per la questione del copyright e del diritto d’autore, in genere poco conosciuto. Si tratta del DMCA (“Digital Millennium Copyright Act”), una legge americana del 1998 che sostanzialmente rende illegali la produzione e la diffusione di tecnologie o dispositivi che permettano la rimozione o l’elusione dei sistemi di protezione inseriti nelle opere (ne sono un esempio i DRM – i dispositivi “anti-copia”-). Evidentemente, ciò ha portato numerose critiche: innanzitutto, perché, a distanza di anni,  tale legge non è riuscita a fermare la pirateria su internet; in secondo luogo, rischia di limitare fortemente la ricerca e altri usi altrimenti leciti di tecnologie di decrittazione.

 

La EFF, d’altro canto, è un’organizzazione internazionale rivolta alla tutela dei diritti digitali e alla libertà di parola nei contesti digitali odierni. Essa, per citare un esempio, lotta da tempo per la difesa del cosiddetto fair use: in linea generale, la possibilità di usare liberamente i prodotti acquistati senza dover sottostare a limitanti DRM o quant’altro. Il consumatore, infatti, si trova spesso impossibilitato a riprodurre un determinato contenuto (come un film o una canzone) su un dispositivo solo perché quest’ultimo non è “autorizzato”: in fondo, per leggere un libro (di carta) non servono occhiali speciali che ci permettano di leggerne il contenuto. Per citare un episodio, fino a qualche anno fa la musica acquistata sull’iTunes Store di Apple non poteva essere riprodotta se non sugli iPod e sui computer “autorizzati”.

 

In definitiva, è lecito affermare che la questione di come trattare i diritti di distribuzione delle opere sia un tema tutt’altro che semplice. Se, da un lato, i produttori giustamente reclamano i loro diritti sulle loro opere, dall’altro i consumatori non devono essere troppo limitati. Altrimenti, la pirateria resta una delle poche -se non l’unica- possibilità per procurarsi contenuti di alta qualità fruibili in qualsiasi situazione.

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