• giovedì , 28 Marzo 2024

L'addio di Benedetto XVI

Era il (poco) lontano 19 aprile 2005 quando al soglio pontificio saliva Papa Benedetto XVI, 265° papa della storia. Papa Ratzinger, originariamente vescovo di Monaco di Baviera, è stato uno dei papi più colti e timidi della storia.
Se venisse inventato uno spettro di valutazione dei papi, Benedetto XVI si troverebbe alla perfetta metà: non è né un papa molto vicino al popolo (come Giovanni XXIII o Giovanni Paolo II) né gira sulla sedia gestatoria (come il politico e molto discutibile Alessandro VI e il guerriero Giulio II).
Insomma, è un papa fondamentalmente colto, teologico e intelligente, un tipo di carattere che porta alla definizione di “topo di biblioteca”.

La notizia delle sue dimissioni è stata sconvolgente, anche perché sono passati ben 598 anni dall’ultimo precedente, ovvero Gregorio XII (che lasciò nel 1415). Ma anche nel Medioevo non era una consuetudine. Infatti il rifiuto di Celestino V (1294) fu scandaloso, e Dante punisce con severità il pontefice, mettendolo all’Inferno.
Tra Celestino V e Benedetto XVI vi sono molte somiglianze, primo fra tutti il fatto che entrambi sono papi colti e di grande fede. Probabilmente proprio quest’ultima ha convinto Benedetto XVI a dare le sue dimissioni (che, secondo alcuni, erano già state decise un anno prima durante il viaggio in Messico).
Ma quali altri motivi hanno spinto il Papa bavarese ad un atto così estremo? Di seguito ne elenchiamo i tre principali.

1. Il primo è anche il più ovvio: Benedetto XVI è molto anziano (ha ben 86 anni, essendo nato il 16 aprile 1927) e deve aver sentito che le forze lo stavano abbandonando, e questo non gli avrebbe permesso di assolvere al suo compito, e ha deciso di lasciare la Chiesa.

2. Un motivo invece più psicologico potrebbe essere che il pontefice abbia compreso di non essere troppo adatto alla carica che ricopriva, e che abbia deciso di lasciare al successore il compito di onorare meglio di lui il Trono di Pietro.

3. Altro motivo è quello storico e per così dire mediatico: fino a un secolo fa le cose erano ben diverse da oggi. Il papa era rinchiuso a San Pietro e non lo vedeva mai nessuno, non esistendo la televisione. Poteva essere pazzo o incosciente, vecchio decrepito, ma non interessava: governavano i cardinali fino alla morte. Nella nostra epoca, invece, il papa è costantemente ripreso dalle telecamere, pertanto se gli accade qualcosa lo vengono a sapere tutti. Questo limita il potere dei cardinali e tiene, allo stesso tempo, sotto controllo il papa.

Esiste poi ancora un quarto punto, meno evidente dei precedenti e già commentato a lungo.
Nella Chiesa, si sa, c’è del marcio e dell’imperfezione, questo perché la Chiesa è fatta dall’uomo e l’uomo è imperfetto. Quasi tutto il marcio si concentra nello IOR (Istituto per le Opere di Religione), meglio conosciuto come Banca Vaticana, una delle più grandi al mondo. Benedetto XVI è stato un papa timido, riservato e rigoroso nella fede. Vedere, come molti sostengono, dei soldi “sporchi” o riciclati dalla mafia nello IOR deve averlo sconvolto, forse fino al punto di abdicare.
Sullo IOR si è sempre discusso molto, fin dalla sua creazione, avvenuta nel 1942 per opera di Papa Pio XII, soprattutto perché la Chiesa dovrebbe essere povera e non ricca com’è. Ma in fondo il Vaticano ha delle ricchezze che vanno amministrate, e quindi una banca serve. Quando poi qualche papa tenta di abolire lo IOR, quasi certamente lo attende la fine di Giovanni Paolo I.

In ogni caso, dal giovedì 28 febbraio 2013, Benedetto XVI ha lasciato il suo incarico e in Vaticano sarà presente la Sede Vacante, retta dal Camerlengo, il Cardinale Tarcisio Bertone. Il Conclave dovrà riunirsi sotto la bellissima volta della Cappella Sistina, affrescata da Michelangelo, e decidere il 266° papa della Chiesa Cattolica.
Ma in fondo questo è solo uno dei tanti momenti che compongono la storia del Papato.
E si spera che esso continui a perdurare fino al Dies Irae, il Giudizio Universale, il giorno della Fine.

Riscrittura dell’elaborato scritto di italiano dell’autore dell’articolo del 18 febbraio 2013. 

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