Anna Donna è un’ex-allieva di Valsalice, che ora frequenta la facoltà di Giurisprudenza all’Università di Torino. Quest’anno si è dedicata ad una particolare iniziativa, la Scuola di Liberalismo. Proprio di quest’intensa esperienza vuole parlarci in una ricchissima intervista, gentilmente concessa al Salice nell’accogliente cucina di casa Donna. Partiamo!
In cosa consiste questa Scuola di Liberalismo (vai alla presentazione ufficiale)?
E’ un seminario, un vero e proprio corso bisettimanale di interesse soprattutto economico, politico e giuridico. E’ stato un bel cammino, iniziato il 1° marzo e conclusosi il 19 aprile: le lezioni si svolgevano tra le 17 e le 19, spesso seguite da un aperitivo. Dei professori universitari (ma a volte anche degli imprenditori) venivano invitati ad intervenire per aprire gli occhi degli ascoltatori ad una visione liberale della realtà, fatto non scontato oggi in Italia, dove il liberalismo è un’ideologia minoritaria.
Chi la organizza?
E’ un’idea nata nel 1988 ed organizzata dagli Amici della Fondazione Einaudi di Roma (vai al sito della Fondazione). E’ il settimo anno che si svolge anche a Torino, dove viene ospitata dalle sale del Centro Einaudi, in via Ponza 4. Per quanto riguarda la gestione, la Fondazione di Roma si appoggia all’associazione studentesca Ora libera(le) di Torino, ideata da vari studenti con l’intento di promuovere i valori liberali (per chi fosse attratto, questo è il sito ufficiale www.oraliberale.com).
Quali sono, in breve, i pilastri del liberalismo?
Il liberalismo si fonda sulla centralità della persona. Essa ha dei diritti fondamentali, come quelli alla vita, alla libertà, alla proprietà. Ciononostante è anche inserita nel contesto di uno Stato, che non vuole escludere, ma limitare a poche, essenziali funzioni. Per il liberale, il mondo è la casa dell’uomo, in cui però ognuno gode dei suoi spazi e non deve invadere quelli degli altri. Altra peculiarità è la neutralità: il liberalismo non impone nè una via religiosa nè una laica (a differenza dei totalitarismi, che hanno sempre cercato di creare una sorta di Paradiso in terra). Liberale è oggi un aggettivo abusato, anche perché queste idee non si sono mai realizzate totalmente, e di esso spesso si ha una visione limitata: è comunque sopravvissuta una lettura liberale della realtà, che permette di averne uno spaccato alternativo.
Potresti indicare dei cenni storici in modo da disegnare il percorso del liberalismo fino ai giorni nostri?
Certo, questo è un aspetto importante, tanto che la Scuola di Liberalismo ha anche dedicato diverse lezioni al quadro storico. Il pensiero liberale si è formato nei secoli grazie alle riflessioni di Sant’Agostino e soprattutto di San Tommaso; un’importante elaborazione delle sue analisi si deve ai pensatori cattolici della Seconda Scolastica, nel XVI e XVII secolo; vanno inoltre ricordati studiosi quali l’inglese Locke, fondatore del liberalismo classico, e il francese Bastiat; ma soprattutto la Scuola Austriaca, il cui esponente più celebre è Von Hayek, importante per l’approfondimento in ambito economico e filosofico. In Italia possiamo citare Bruno Leoni, a metà del Novecento, e Sergio Ricossa, importante pensatore liberale torinese ancora in vita.
Come spiegheresti a chi non ha partecipato cosa significa questa visione liberale?
Significa approfondire una tematica che magari hai già presente, ma da un punto di vista più originale. In sintesi, sono emerse due importanti riflessioni oggi un po’ trascurate. La prima riguarda il valore della solidarietà, che nella storia è sempre stata più presente e più efficace in comunità in cui la cooperazione era volontaria e non imposta. La seconda concerne un altro tratto saliente del liberalismo, e cioè la sua mancanza di fini: non vuole plasmare la società, né imporre degli scopi alle persone, quanto piuttosto fornire una cornice generale all’interno della quale ogni individuo possa perseguire liberamente i propri fini.
Un esempio?
Si è trattato del tema della forma dello Stato, ma servendosi degli occhi dell’individuo. Quest’ultimo godrebbe di maggiori libertà grazie al cosiddetto Stato minimo – che interviene poco – piuttosto che con il Welfare State – che interviene molto -. Una tale condizione più libera della persona le permetterebbe anche di essere più utile alla società. Emblematico, per chiarire meglio, è il titolo della lezione inaugurale, poi slittata al fondo: “C’è vita oltre lo Stato?”.
E il pubblico? Da chi era composto?
Soprattutto da studenti universitari di Economia, Giurisprudenza e Scienze Politiche, ma anche da persone già entrate nel mondo del lavoro. Erano circa una quarantina, tutti molto coinvolti: dopo l’oretta di lezione del relatore, si dava spazio alle domande e non sono mancati accesi dibattiti. Già, perché vari iscritti erano di credo diverso se non opposto e questo ha giocato a favore del confronto.”
Uno scontro o un confronto costruttivo?
Assolutamente costruttivo! La disponibilità dei professori al dialogo e all’ascolto delle obiezioni è stata totale, tanto che se non c’era più tempo la conversazione continuava anche via mail. Addirittura due ragazzi si sono presentati alla cattedra ringraziando il relatore per avergli aperto un mondo, per avergli fatto sentire il suono anche di un’altra campana!
Adesso parlaci un po’ di te! Per quale motivo hai fatto parte della gestione della Scuola di Liberalismo?
L’anno scorso frequentavo gli incontri dell’ Ora libera(le), che consistevano in aperitivi mensili animati da chiacchierate informali su queste tematiche con un ospite. Poi, con il tempo, ho intessuto rapporti sempre più stretti con quest’ambiente fino all’autentica amicizia. Perciò quest’anno i ragazzi di quest’associazione mi hanno chiesto se avessi intenzione di aiutarli nel curare la Scuola di Liberalismo, e ho accettato volentieri.
Di preciso, cosa ti hanno chiesto di fare e come ti sei trovata?
Mi sono occupata di attività quali il contatto dei relatori, accoglierli all’arrivo in stazione (per fortuna molto vicina!), il montaggio dei mezzi informatici. Quest’esperienza è stata molto utile sia perché mi ha permesso di migliorare nelle capacità organizzative sia perché ho potuto allargare la mente. Inoltre, mi è anche toccato il ruolo di moderatrice, dietro la cattedra insieme ai professori: ho dovuto rompere il ghiaccio, introdurre le domande, sostenuta da un altro ragazzo di nome Domenico. Tutto questo ha contribuito a farmi sentire molto coinvolta nella Scuola di Liberalismo, che ho trovato assai stimolante!
Raccontaci il tuo rapporto coi professori.
Davvero ottimo! Grazie alla loro grande cura ed attenzione per lo studente, si sono creati numerosi contatti importanti dal punto di vista formativo, sia universitario che personale. Ancora riguardo ai relatori, sono stata felice di averli visti molto contenti di questa possibilità di divulgazione, dato che nelle Università non è certo facile trasmettere messaggi del genere. Pensa che insieme ad altri ragazzi sono andata ad affiggere le locandine del corso nelle bacheche pubbliche di alcune Università e, ad esempio a Palazzo Nuovo, sparivano nel giro di pochi giorni!
Ultimo e doveroso quesito: a chi consiglieresti di frequentare la Scuola di Liberalismo?
Innanzitutto non lo consiglio solo agli universitari, ma a chiunque voglia sperimentare una visione della persona umana nella società un po’ diversa dalla solita. Sicuramente io la seguirò di nuovo, e se non da organizzatrice, anche da studentessa interessata.
Ringraziamo Anna per il tempo che ci ha concesso e per gli spunti che ci ha regalato!