• venerdì , 19 Aprile 2024

“Però giri Fortuna la sua rota come le piace, e ‘l villan la sua marra…”

Oggi non parliamo di crisi, tragedie familiari, attentati o nuovi piani politici. Vogliamo raccontarvi una storia BELLA, testimone che un Dio lassù ancora esiste e che, come già ci insegnava il poeta fiorentino, la ruota della fortuna gira per tutti, nel bene e nel male. Il nostro obbiettivo oggi è far rinascere la fiducia in quello che la vita ci porta ad affrontare e la speranza in quello che ci attende. Ma questo articolo è anche un invito a rivalutare quali siano veramente le nostre priorità e a guardare le immense lacune che ancora oggi porta la società moderna.

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Un anno  fa una coppia neosposina di Ciriè, lui medico lei commercialista, inizia la sua avventura per ingrandire il  nucleo familiare con un nuovo pargolo. Entrambi sterili non spendono tempo dietro a inseminazioni artificiali o fecondazioni assistite e balzano all’ultimo stadio: adottare un bambino. Si apre la pratica e inizia la lunga, eterna attesa; l’eccitazione iniziale per il solo pensiero del nuovo ipotetico membro della famiglia e l’aspettativa diventano a poco a poco la normalità, un fattore sempre presente ma ormai quotidiano.

Due settimane fa la mamma al lavoro riceve una chiamata. Dall’altro lato del filo c’è la responsabile dei servizi sociali. La informa di sedersi perché ha una bella notizia. Gli hanno affidato un bambino, nessun altra informazione. L’evento ha sulla mamma lo stesso effetto che ha avuto la bomba atomica a Hiroshima e Nagasaki. Abbandona scrivania con il computer acceso, esce dall’ufficio e raggiunge il marito in studio. Stesso effetto.

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Già il mattino seguente vanno all’ufficio dei servizi sociali dopo una notte insonne: i pensieri viaggiano sull’età, la cittadinanza, il colore della pelle e l’ansia è snervante. Ma la coppia è psicologicamente pronta ad accogliere in casa il bimbo,qualunque sia la sua provenienza. Il bambino è una creaturina senza nome di appena quindici giorni, maschio, piemontese, sano. Messo alla luce e non riconosciuto dalla mamma. Verrà affidato alla coppia entro tre giorni dalla notizia. I nuovi genitori non posso crederci: in quarantotto ore attrezzano la casa per il nuovo arrivato, comprano tutto il necessario, in pronta consegna naturalmente. Non si possono concedere il lusso di rendersi conto dell’accaduto che già non dormono le notti per i pianti del bimbo. Come dice l’assistente sociale “hanno fatto tredici alla lotteria” e non solo loro… il bimbo, nato sotto una buona stella, viene accolto in famiglia prima ancora che apra gli occhi e si presenti al mondo. E avrà un futuro tutto rosa ad attenderlo, anzi blu trattandosi di Edoardo (questo è il nome scelto dalla coppia). Le due mamme non si conoscono per ragioni di privacy, ma entrambe devono molto l’una all’altra. Una storia a lieto fine.

Ma come tutte le cose anche questa bella storia ha un’altra faccia della medaglia. Pensiamo alla mamma naturale, quella che ha abbandonato il proprio figlio. Forse una ragazzina rimasta incinta per una scappatella di troppo con il proprio “moroso”, magari una giovane donna priva di aiuti e incapace di provvedere economicamente anche alla vita del figlio. O forse era un bimbo illegittimo. Non sappiamo le ragioni che l’abbiamo spinta a compiere un simile gesto e mai le sapremo.  Ma questo deve farci riflettere.

Nel 1400 Filippo Brunelleschi costruì lo Spedale degli innocenti: progettò anche “la ruota”, una struttura in pietra e legno dove le mamme potevano abbandonare anonimamente i propri figli per essere poi  accolti e cresciuti dalle suore. È ancora leggibile l’incisione in latino: “Impius ut cuculus generat pater atque relinquit quos locos infantes excipit iste nothos” (“empio come il cuculo, il padre genera ed abbandona in luoghi solitari i figli che codesta (Ruota) accoglie come illegittimi”). Ci vantiamo di essere una società evoluta ma se ancora oggi nel XXI secolo ci sono mamme che per ragioni psicologiche economiche o sociali che siano non riconoscono il frutto della loro carne, allora forse non siamo tanto cambiati rispetto a seicento anni fa.

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La ruota dello Spedale degli Innocenti

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