• venerdì , 19 Aprile 2024

Omo-diritti

Non posso restare fermo di fronte al male. Non rimarremo in silenzio di fronte alla terribile repressione che si verifica nel vostro paese per volere di Putin”. Così James Kirchick, giornalista americano in diretta il 22 agosto sulla televisione russa in lingua inglese Russia Today, finanziata dalla Stato, ha attaccato la legge “anti-gay”. Inviato a Stoccolma per parlare del caso Manning, ha messo in mostra delle bretelle arcobaleno, simbolo della lotta contro la discriminazione gay, e ha fortemente criticato chi ha firmato e adottato una legge “terribile”, continuando la protesta nonostante i ripetuti interventi della presentatrice, che ha infine interrotto il collegamento.

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Non è che l’ultimo episodio di una lunga serie, scatenato da una legge ritenuta dagli attivisti omofoba e discriminatoria: approvata due mesi fa, prevede una pena pecuniaria e addirittura il carcere per coloro che si rendano partecipi di propaganda a relazioni “non tradizionali” in presenza di minori.

L’eco mediatico del decreto è stato incredibilmente amplificato dai campionati del mondo di atletica leggera di Mosca, che hanno posto la Russia sotto i riflettori internazionali.

Già il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) aveva mostrato preoccupazione, in ottica dei prossimi giochi olimpici invernali di Sochi, in quanto la carta olimpica rifiuta ogni discriminazione per motivi di razza, religione, opinione politica o tendenze sessuali”, ma sono stati gli atleti a rendersi maggiormente protagonisti nelle polemiche, sfruttando l’importanza dell’evento.

Hanno fatto parlare, ad esempio, le unghie arcobaleno di Emma Green, che la saltatrice svedese ha però subito dovuto coprire, perchè per la IAAF (International Association of Athletics Federations), immemore del celebre pugno chiuso di Smith e Carlos, rappresentavano “una chiara violazione delle regole, che non permettono dichiarazioni politiche o commerciali”. Con lei anche la compagna Moa Hjelmer, scesa in pista con i colori dell’arcobaleno.

D’altro parere rispetto alle svedesi, ma in grado di scatenare una polemica altrettanto forte, è stata l’atleta russa Isinbayeva, che, dopo aver vinto l’oro nel salto con l’asta, ha criticato i gesti di protesta commentando: “Se si permette che vengano fatte queste cose per strada abbiamo molta paura per il nostro paese, perchè ci consideriamo persone normali. Abbiamo le nostre leggi che tutti devono rispettare, chiediamo rispetto per il nostro paese e per la nostra gente”.

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Isinbayeva non è l’unica favorevole, tanto che altre due atlete russe, che sembravano inizialmente voler fomentare la polemica, si sono dichiarate d’accordo con la legge. Si tratta di Tatyana Firova e Kseniya Ryzhova, che dopo aver vinto la finale della 4×400 si sono baciate sulle labbra: il portavoce della squadra riferisce che è stata “una semplice espressione di gioia, gonfiata dai media occidentali” e la stampa russa assicura che è una semplice usanza sovietica.

Le proteste sono arrivate comunque da ogni angolo del mondo e non sono solo “sportive”: oltre a Blatter, presidente della FIFA, che ha chiesto chiarezza in previsione dei mondiali di calcio del 2018, essendo la discriminazione “punibile con squalifiche ed espulsioni”, anche la popstar americana Lady Gaga ha preso posizione dalla parte dei diritti GLBT, non esitando a definire il governo russo “criminale” e mostrandosi “pronta a combattere per la libertà”.

Il noto marchio Ben & Jerry’s, non nuovo alla lotta contro la discriminazione omosessuale, ha invece preferito un’offensiva più ironica, postando su Facebook una foto di Putin truccato.

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Infine è arrivata anche la condanna dell’ONU alla legge anti-gay: Claude Cahn, consigliere dell’Alto Commissariato delle Nazioni unite per i diritti umani ha definito il decreto “intrinsecamente discriminante sia per scopi che per effetti. Queste misure sono la base per molestie permanenti e regolari come anche per la detenzione arbitraria e contribuiscono a creare un clima di terrore per ogni persona che lavora nel campo della promozione dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali”.

Fortunatamente, quindi, la reazione del globo non è tardata ad arrivare di fronte a una palese violazione della libertà individuale. Dopo il “chi sono io per giudicare” del papa, è un ennesimo schiaffo alla discriminazione omosessuale. Segno di un mondo che cambia e che dimostra una sempre maggiore sensibilità nei confronti del diverso e un crescente rispetto per i diritti umani, libertà e uguaglianza in primis.

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