• venerdì , 29 Marzo 2024

L’epoca del significante

Un corpo. Un velo.

Un velo che avvolge, nasconde, scorre morbido sulle membra inerti. L’immagine cruda del corpo di un uomo martoriato dal supplizio svanisce, sfocata, nelle onde dolci della sindone che lo riveste. Ai piedi gli strumenti del supplizio: corona di spine, tenaglia e chiodi.

E’ il Cristo velato di Giuseppe Sanmartino (marmo, 180×80×50 cm, 1753, Cappella Sansevero, Napoli), opera che ben si presta a esprimere in maniera efficace un orizzonte problematico che può così essere sintetizzato: quella che ci tocca vivere è l’epoca del significante.

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L’epoca in cui un velo ―  il significante ― offusca la “Verità”, il Significato.

Celandolo, cerca di assorbirlo, di offuscarlo, ma allo stesso tempo lo impreziosisce. Il significato diventa difficile da scrutare, e ancor più difficile da cogliere: per raggiungerlo (ammesso che sia possibile) occorre uno sforzo.

Significante è apparenza, superficialità; forse non è. Appare. Eppure riveste, col suo apparire, avvolgendo in una nebbia piacevole. Riesce persino a rivestire fisicamente, con il fascino delle mode, dell’abbigliamento e del look.

Si rimane sempre più spesso irretiti da ciò che è piatto e stereotipato. Tutto sembra piano, semplice, chiaro e lineare: ci sono solo colori forti, bianco e nero, rosso e blu. Mancano le sfumature.

La complessità è, invece, combinazione di infinite tessere, come un mosaico bizantino, che non si concede allo sguardo di un osservatore distratto.

Nell’era del significante tutto è coperto da una coltre artificiale, amorfa, grezza, ma attraente. Piace, si vende, va a ruba.

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L’Italia è la patria di Caravaggio, Raffaello, Michelangelo, Verdi, Puccini, De Sica e Fellini.

Ciò nonostante, adesso, il nostro rischia di apparire come uno dei tanti Paesi (s)oggetto (alla) di globalizzazione. Si tratta di un fenomeno culturalmente interessante, forse perfino utile in vista di un’evoluzione. Non è però da escludere il rischio di un’involuzione, esito di una diffusione letale del banale (anche perché spesso il processo è guidato da chi è più potente, non già da chi è più profondo): l’esondazione del significante.

Anche in una dimensione non globale, peraltro, questa tendenza è evidente. Sulle reti di Stato i programmi di approfondimento culturale vengono trasmessi in tarda notte, perché le prime serate sono occupate da altro. A parole, tutti sono favorevoli all’Arte e alla Cultura, ma al momento di promuoverle si privilegiano urgenze differenti.

Nel trionfo del significante ci ritroviamo a galleggiare in superficie, smarrendo la ricchezza multiforme della profondità. Ogni senso diventa sensazione, ogni musica diventa rumore, ogni sepolcro glorioso diventa semplice tomba.

Ogni significato viene derubricato a significante.

 

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