• venerdì , 19 Aprile 2024

Un artista in viaggio

Ecco una strada interessante e particolare intrapresa da un ex-allievo del Valsalice. Lorenzo Galli, studente del Liceo Scientifico B (Maturità 1999) sceglie, dopo un impego d’ufficio, di girare per il mondo facendo ciò che più gli piace: far divertire la gente. Lo abbiamo intervistato per conoscere la sua storia.
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Cosa ti ha portato a scegliere questa strada?
La scelta della “professione artistica”, per me, arriva da molto lontano. Infatti ho sempre desiderato intraprendere una carriera artistica che fosse creativa. Le idee a riguardo erano confuse, ma ora me le sto chiarendo. Ma questo fa parte del gioco. Se ho imparato una cosa su questo mestiere, è che la creatività non può essere un percorso lineare. La scelta “della strada”, invece, deriva da una serie di fattori più contingenti: la voglia di viaggiare -non ne avevo mai avuto possibilità prima-, i problemi di salute, a 25 anni, che mi hanno spinto ad abbandonare definitivamente l’idea di lavorare in un ufficio (nel mio caso sarebbe stato uno studio di design) e il desiderio di fare per la prima volta una scelta drastica, senza compromessi. Mi sono detto:” O riesco a viverci o non se ne fa nulla”. Ma soprattutto quella magia che ho provato le prime volte facendo spettacolo in strada, che trasforma un posto qualsiasi in un palcoscenico, e cambia l’umore delle persone che stai coinvolgendo nel tuo gioco. Perché di gioco si tratta. Non di qualcosa di serio.
Qual è stata la reazione in famiglia? Qualcuno ti ha ostacolato?
Da quando ho lasciato definitivamente il lavoro in ufficio, la mia famiglia si è trovata di fronte a diverse scelte alquanto bizzarre e apparentemente inconcludenti. In quattro anni sono stato fotografo, comparsa cinematografica, attore teatrale, cantante di coro d’opera, animatore turistico a Malta, ho lavorato in comunità per minori problematici ed ho fatto laboratori teatrali per ragazzini. Dopodiché ho frequentato una scuola di teatro per 2 anni. I miei 25 anni hanno segnato il momento in cui ho iniziato a cavarmela con le mie forze; infatti me ne sono andato di casa. I miei genitori mi hanno sempre incoraggiato a coltivare le mie passioni, ma solamente nel tempo libero. Penso che la mia “scelta drastica” non sia loro piaciuta, ma nonostante questo non mi hanno quasi mai ostacolato. Le poche volte che lo hanno fatto, però, sono state per me uno stimolo ad impegnarmi di più. Penso che una strada troppo semplice da seguire non possa essere quella più giusta.
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In quali parti del mondo sei già stato?
Quando ho iniziato, ho letteralmente attraversato l’Europa via terra. Avevo un vecchio furgone Volkswagen, uno di quei pulmini bicolore coi fanali tondi sul davanti, che sembrano due occhi. Solo vivendo dei soldi guadagnati con il mio nuovo lavoro sono arrivato ad Istanbul e son tornato in Italia. E` stata la mia prima esperienza di strada. Il furgone ha preso fuoco vicino a Genova. L’ho sostituito con un veicolo più nuovo. Ho proseguito il viaggio e sono arrivato in Andalusia, a Granada, dove ho vissuto un anno. Lì ho iniziato a considerare lo spettacolo in strada in maniera più professionale. Questo mi ha permesso di essere invitato a far spettacolo in una ventina di nazioni in Europa, Asia e America. Per quasi un anno ho avuto come base una stanza a Seoul, in Corea del Sud (proprio nel periodo in cui in Europa arrivavano notizie poco edificanti sulla situazione diplomatica dell’Estremo Oriente). Da lì sono stato in Thailandia, in India, in Nepal e in Giappone. Quest’ anno sto cercando di organizzare insieme ad un’agenzia francese un mini tour in Cina e spero che la cosa andrà in porto.
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Qual è l’aspetto migliore del tuo lavoro?
Proprio il poter viaggiare per il mondo e conoscere nuove culture. In questo modo ho avuto la possibilità di vivere in una serie di luoghi che prima immaginavo soltanto.
Hai avuto paura all’inizio a girare per il mondo da solo sapendo di poter contare solo su te stesso?
Beh sì, chiaramente sì. E` normale.
Hai una famiglia? Se sì, in che modo gestisci il tutto?
Sì, ho una ragazza che da Novembre scorso è diventata mia moglie. Lei è Coreana: per questo sono andato a vivere a Seoul. Ci siamo conosciuti in Andalusia 4 anni fa. Dopo la Corea ci siamo stabiliti in Germania perché lei voleva studiare all’accademia tra Lipsia e Berlino.  All’inizio viaggiavamo sempre insieme, ora non più. Spesso devo fare dei lunghi spostamenti, e preferisco andarci da solo perché sono molto stressanti. Ora abbiamo una casa a Torino.
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 Ti sei mai trovato in difficoltà?
Un sacco di volte.
È un lavoro remunerativo?
Ovviamente è una professione economicamente non continuativa, non stabile. Molte volte infatti non sono riuscito a guadagnare nulla se non il necessario per coprire le spese di viaggio. Ma è pur sempre una professione, e questo è bellissimo.
Da piccolo già avevi in mente di intraprendere questa strada?
Beh, di fare spettacolo si, ma di farlo per strada mai.
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Qual è l’insegnamento più grande che questa esperienza ti ha dato?
Mi ripeto: la creatività non può essere un percorso lineare.
Quanti strumenti suoni? Come hai imparato?
Come One-Man-Band. Ora suono batteria, banjo e qualche piccolo strumento tipo fischietti o kazoo, e ovviamente canto. A casa suono un sacco di strumenti, ma nessuno benissimo.
 
In che lingua canti?
Inglese, francese, italiano, spagnolo e a volte in lingue inventate da me in quel momento.
Dove ti stabilisci nei vari luoghi in cui vai?
Dipende. Se sto facendo spettacolo in strada, durante l’estate, in un posto dove nessuno mi ha chiamato per esibirmi, semplicemente dormo nel furgone su cui ho un letto. Se sono in evento organizzato e sono stato invitato spesso mi viene dato un alloggio. Poi ci sono altri casi in cui mi sono appoggiato ad ostelli, campeggi, al CouchSurfing. È anche successo che persone conosciute in strada mi abbiano ospitato.
Che ricordo hai di Valsalice?
Beh, tanti. I ricordi di Valsalice sono i ricordi della mia adolescenza… sarebbe troppo da raccontare.
Cosa ti ha insegnato Valsalice per la tua formazione lavorativa?
Forse mi va di rispondere a questa domanda unendola alla precedente. Mi ricordo un vecchio professore di filosofia, don Enrico Pederzani. Non saprei come spiegarlo esattamente, ma lui è stato un grande punto di riferimento in quegli anni. Spesso per le cose che diceva. A volte solo per il modo in cui le diceva. A volte ripenso alle sue parole. Se le dicessi non avrebbero lo stesso effetto. Non solo ma la mia formazione lavorativa non è scindibile dalla mia formazione umana. Ogni singola scelta performativa deriva da un passo nella mia crescita umana.
 
Hai qualche aneddoto simpatico dei tuoi cinque anni a Valsalice?
Tantissimi… Per esempio passare le versioni di Latino chiudendo i bigliettini sul retro del quadrante di un orologio. In 3 anni il professor Accossato non se n’è mai accorto… dopo la maturità mi ha chiesto come avessimo fatto io e il mio vicino di banco.

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