• martedì , 23 Aprile 2024

Dal Salice alla cattedra

Daniele Codebò. Da oltre 20 anni a Valsalice, prima come allievo e redattore del Salice e adesso come professore di Italiano, Geografia e Storia nella 2 media B e 1 scientifico C. Non solo insegnante ai nostri occhi di giornalisti in erba ma anche ex redattore del Salice degli anni “ruggenti” della rivista cartacea dei primi anni 2000.

Cosa ne pensa del Salice di venti anni fa e di quello di oggi?

Nuovo. Diverso. Tecnologico. Rivoluzionario. Sono passati venti anni da quando facevo il Salice. E’ cambiato il mezzo di comunicazione e anche quello di pubblicazione. Ai miei tempi si usava editare tre numeri cartacei durante l’anno scolastico, perché non esisteva ancora “l’on-line”. Il grande problema era che molto spesso notizie di febbraio rischiavano di essere pubblicate ad aprile, quindi la rivista non era molto aggiornata. Ho iniziato come scrittore e infine sono diventato caporedattore. E questo “lavoro” ha iniziato a farmi comprendere bene il senso di responsabilità e di puntualità.

Cosa è migliorato nel Salice?

Sono molto tiepido nel fare giudizi di valore. Quello che posso permettermi di dire è che è tutto diverso. Molto diverso. Ma oggi, sinceramente sarebbe impensabile fare unicamente un giornale scolastico senza sfruttare la grande potenza di internet. La comunicazione oggi passa dalla rete, diventata ormai un grande spartiacque della storia. Sia per il motivo della vostra grande attualità che per i potenti mezzi che potete utilizzare… un po’ vi invidio.

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Sinceramente il Salice è servito?

Grazie al prof. Accossato, puntuale e rigoroso, ho imparato a sapere rispettare una scadenza, che inizialmente reputavo inutile, di un articolo. Questo mi ha aiutato molto nella mia vita lavorativa. In più ho implementato le mie doti nella scrittura, dal momento che facevo il Salice per piacere e non per obbligo, mettevo più voglia e mi impegnavo puntualmente in quello che dovevo fare.

Si ricorda per caso un articolo su Renato Sclarandi?

Purtroppo sì. Era uno di quegli articoli boomerang che girava, girava… e ti andava in testa alla fine! In redazione capitava così: entravi con ottime intenzioni ed uscivi con un articolo da fare su argomenti totalmente sconosciuti. Senza capire bene come o perché. Nel caso specifico, non sapevo assolutamente chi fosse, ma quella volta toccò a me quell’articolo. E’ diventato un divertente adagio tra me ed Accossato che ancora oggi mi minaccia con il fantomatico nome di Renato Sclarandi. Un po’ come l’uomo nero con i bambini…

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Il suo lavoro è quello dell’archivista. In che modo il Salice l’ha aiutata in questo mestiere?

Mi occupo dell’archivio, una realtà complessa che si occupa della serie di documenti conservati e tenuti nel tempo. Si deve riordinarli, schedarli, renderli fruibili per una più facile consultazione e lettura e infine rendere gestibili quelli che si chiamano gli articoli correnti. Oggi questi documenti ci servono per tutelare i diritti, in futuro avranno la stessa mansione. Il mio lavoro lo trovo coordinato a quello che svolgevo al salice. Poiché il giornale mi ha insegnato ad essere preciso, puntuale, efficace nello scrivere preventivi e progetti, a focalizzarmi sui punti importanti e soprattutto mi ha insegnato ad essere spigliato e sveglio.

Perché è tornato a Valsalice?

Dopo aver preso l’abilitazione, un ragazzo ha detto che stavano cercando altri professori e così dopo essermi proposto, sono stato preso come docente di italiano, storia e geografia. Sono contento, sto bene. Per me tutto questo è un enorme privilegio.

MADELEINE 2.0

di Daniele Codebò

Arrancando, con un po’ di fiatone, raggiungo il secondo piano e mi fermo davanti a un’elegante targa che recita “Redazione de Il Salice”; mi guardo intorno e vedo finestre e corridoi ordinati – siamo lontani dall’intervallo – e mi viene istintivo socchiudere gli occhi. Insegnare nella scuola che hai frequentato, ormai “un po’” di anni fa, è come mangiare quasi quotidianamente una proustiana madeleine; inevitabilmente, e inaspettatamente, tanti angoli, profumi, suoni trasportano il pensiero alla mia vita “dall’altra parte della barricata”, da studente (modello, si intende, cari miei allievi che state leggendo!) alle prese con versioni di greco, tornei di calcio, studio con Piero. E poi, chiaramente, al Salice. Riapro gli occhi e mi ritrovo davanti alla porta della Redazione, oggi. Il fiato, accorciato dalle due rampe di scale, che devono essere state allungate in questi ultimi anni di almeno 50 scalini a giudicare dal diverso slancio con cui le affronto rispetto a quando ero al ginnasio, sta tornando. Finalmente mi decido ed entro nell’aula che un tempo era “la classe di inglese” e mi trovo davanti 30 pc e quasi altrettanti redattori, oltre ai due generali di questa truppa creativa, Lucia Caretti e il prof. Accossato; alle pareti, come reperti di un museo, fanno bella mostra di sé le copertine di numeri storici del Salice, alcuni che conosco molto bene, altre madeleine. Mentre avverto una sensazione che si muove fra lusinga e inquietudine per essere stato musealizzato, mi soffermo a guardare ciò che sta accadendo davanti a me: ragazzi e ragazze che, di venerdì pomeriggio, si ritrovano per commentare e discutere notizie e fatti della scuola e non, progettare e pianificare piani editoriali, scambiarsi opinioni e imparare dal vivo cosa sia il mondo affascinante e complesso della comunicazione. Li guardo e sorrido, ancora una volta ripensando ai dolci di proustiana memoria. Fra i tanti ricordi valsalicesi, paradossalmente – o forse no –, alcuni dei più indelebili e solari riguardano proprio la redazione del Salice, le corse a “chiudere il numero”, i confronti con un professore di cui sono stato allievo anche senza essermi mai seduto nella sua classe. Madeleine, dunque, ma una madeleine 2.0, perché mi consente di vedere, novello Giano, il passato e il presente/futuro della scuola in cui oggi, ancora mi sembra strano dirlo, figuriamoci scriverlo, insegno. E allora, con un po’ di spirito nostalgico, non posso che fare un augurio a tutti i redattori del Salice, perché possano imparare da questa bellissima esperienza almeno tanto quanto ho imparato io, con prospettive sempre nuove nel mondo digitale, dove le informazioni, anche della scuola, corrono più veloci e più lontane. Con l’unico dubbio, da archivista questo, che un giorno tutti i ricchi e puntuali articoli del sito si possano leggere con la stessa facilità e accessibilità con cui possiamo ancora sfogliare 30 anni di numeri cartacei.

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