Un nuovo linguaggio per una nuova (buona) scuola
Nel suo sessantesimo compleanno, la SAA di corso Unità d’Italia ha ospitato il ministro dell’istruzione Valeria Fedeli. Motivo della visita: l’incontro plurilaterale sull’odierna necessità di dialogo fra realtà formativa e lavorativa. A rappresentare i diversi mondi, alcuni relatori: il presidente Infor-Elea Carlo Colomba, il rettore dell’ateneo torinese Gianmaria Ajani e il presidente SAA Giacomo Büchi.
La ministra Valeria Fedeli apre il suo intervento con una riflessione. E’ evidente che scuola e lavoro non parlino la stessa lingua. Si tratta di realtà concepite come disconnesse e la loro reciproca autonomia si è accentuata nel momento in cui mercato del lavoro e scuola hanno iniziato a crescere a ritmo diverso. Il lavoro ha avuto uno stravolgimento strutturale. La scuola ha risposto “ossificandosi” nelle sue sicurezze. La sfida è quella di intrecciare le velocità e i linguaggi. Scuola e lavoro non devono infatti parlare la stessa lingua, ma mirare allo stesso obiettivo. E lo sforzo deve essere reciproco. Alle scuole si richiede un impegno di ammodernamento volto a qualificare e rinnovare i processi didattici. La scuola deve insomma imparare a leggere e interpretare la realtà. Al mondo del lavoro si richiede invece il rispetto delle reciproche funzioni.
All’interno di quest’ottica si inserisce anche l’alternanza scuola-lavoro, rivolta agli studenti delle scuole secondarie di ogni ordine. Il suo scopo è quello di collegare organicamente il mondo della scuola con quello del lavoro e della ricerca. Di rendere l’apprendimento più stimolante. Di facilitare l’orientamento dei giovani. Si tratta, in definitiva, di una didattica innovativa, non di un servizio di job placement.
A proposito di ciò, la “Signora Ministra” non si è tirata indietro di fronte alla domanda su quale ruolo avrà questa nuova didattica all’interno dell’esame di maturità. Il ruolo non è stato chiarificato dalla Fedeli, certo invece è che bisognerà trovare un modo di certificazione e verifica nuovo per i cosiddetti privatisti. La fulminea intervista si chiude con una rettificazione del congedo. Da un «Buon lavoro» ad un «Buono studio». Lapsus fedeliano.