• martedì , 19 Marzo 2024

Cuori di cafone

La popolazione italiana è composta al 97% di cafoni – e sicuramente ciascuno di essi riterrà di appartenere al restante 3%. C’è però una distinzione: i cafoni a tempo pieno e quelli part-time. Quelli che appartengono alla prima categoria sono facilmente riconoscibili: residenti al Nord – ma con origini meridionali -, si distinguono dai colleghi per i vestiti griffati, gli accessori appariscenti e gli ultimi giocattoli tecnologici, che sfoggiano come prova della loro emancipazione dal mondo rurale e della loro partecipazione all’opulenza generale.

Sono coloro che Ludovico Polastri definisce “senza un barlume intellettivo”, che si uniformano al movimento informe della massa. Il fatto che siano meridionali non deve sorprendere, era infatti un termine usato da Ignazio Silone per indicare lo strato più basso di una società rurale, e nel Mezzogiorno fino a poco tempo fa si viveva di agricoltura e allevamento.

I cosiddetti “cafoni part-time” sono invece più difficili da stanare. Sempre in giacca e cravatta, con il computer a portata di mano, appartengono a uno strato sociale medio-elevato e hanno, come essi stessi sostengono, “una reputazione da difendere”, che tuttavia sparisce magicamente non appena varcati i confini del “Regno”.

Sono i cosiddetti “cafoni da vacanza“. Nei villaggi turistici – se non sono alle prese con il torneo di nascondino o se il vostro orario di visita non coincide con il “gioco-caffè”- intrattengono discorsi sui massimi sistemi con gli animatori e si pitturano la faccia per le gare di Ferragosto. Sono quelli del “non facciamoci riconoscere” e che poi attraversano con il rosso o litigano con il cameriere per il conto.

La leggerezza – o cafonaggine – che ci contraddistingue in giro per il mondo è sempre stata una peculiarità degli abitanti di questa penisola. A modo loro, già i Romani risultavano più leggeri rispetto ai Greci, un popolo di cittadini pragmatici e zelanti rispetto a uno di politici e filosofi. Più licenziosi, amavano gli epigrammi di Marziale e i carmina triumphalia con cui prendere in giro i condottieri.

Forse per scrollarsi dalle spalle l’incombente presenza di un passato di illustri poeti e letterati, come un figlio che cerca di staccarsi dall’austerità del padre in nome di una vita più frivola. O forse, come sostiene lo psichiatra e sessuologo Willy Pasini: “Oggi si vale per quel che si mostra”, non c’è più intimità, bisogna esibire, bisogna esibirsi. D’altra parte, è bene ricordare che così come un italiano può essere maleducato, anche le altre culture hanno i loro stereotipi. La politeness tanto cara agli anglosassoni, l’organizzazione che caratterizza i tedeschi, la scontrosità dei francesi e la riservatezza dell’animo giapponese ci fanno capire che siamo in buona compagnia.

 

Anzi, a rifletterci bene la cafonaggine che ci contraddistingue è sempre accompagnata da un certo brio, una certa voglia di divertirsi che incarnano perfettamente l’ideale del carpe diem: l’italiano sa godersi la vita. E, in fondo, ci piace che gli altri lo riconoscano, che ci riconoscano. Per questo, imperterriti, ci ostiniamo a suonare il clacson appena suona il verde, a parlare ad alta voce o a saltare la fila.

Non è cattiveria. E’ l’ingenuità del bambino che ruba la Nutella nascondendola alla mamma e quasi le fa l’occhiolino quando nega di averla presa. E’ anche bene puntualizzare che, al contrario di quanto si crede, si potrebbe estendere lo stereotipo dell’italiano a molti altri popoli. Oltreoceano, i concittadini di Donald Trump, ad esempio, seppur abbiano il primato in campo tecnologico ed economico, non si può dire che – nella media – brillino per educazione o ingegno – basta vedere il target delle serie tv prodotte in America.

 

Vi è però una differenza sostanziale. L’italiano è consapevole di essere cafone, e ne va fiero – se poi sia giusto o sbagliato spetta ad ognuno deciderlo. L’americano, invece, si reputa brillante e perspicace, e considera tutti gli altri ebeti e ottusi. L’italiano conosce le buone maniere, e sceglie di ignorarle. L’americano guarda l’atteggiamento altrui e critica. L’italiano, se insulta, dopo chiede scusa perché ha paura di una rissa. L’americano passa direttamente alle mani.

Ecco dunque che anche se il Bel Paese non sarà mai superiore per innovazione, ricchezza, puntualità o organizzazione, lo sarà sicuramente per l’umanità e il cuore dei suoi abitanti.

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