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Unorthodox, un grido di speranza

di Ludovica Veneziano

Il 26 marzo 2020 viene resa disponibile la visione sulla piattaforma di Netflix, della miniserie televisiva Unorthodox, basata sulla storia vera di Deborah Feldam.

Le puntate raccontato le diverse fasi della vita di una giovane ortodossa shabbista, Esther Shapiro, dal matrimonio combinato al rifiuto totale e sprezzante nei confronti delle sue radici.

Esther è nata a Williamsburg, Brooklin, e per via delle tradizioni molto antiche e rigide della sua comunità ebraica, le è vietato vivere come una comune diciannovenne neworkese.

Non può né studiare né lavorare, le è lecito uscire solo di tento in tanto ed è obbligata, dopo il matrimonio, a radersi i capelli e indossare una parrucca. Essere un’ebrea shabbista vuol dire insomma rinunciare a tutte le proprie aspirazioni per stare a casa e badare alla propria famiglia.

Puntata per puntata viene mostrata ogni sfaccettatura di questo popolo così antiquato e lontano da noi, ma pur sempre affascinante e intrigante da osservare con gli occhi da spettatore. I costumi, le location, i riti seguono fedelmente quelli reali, il film è stato infatti girato in Yiddish, la lingua ufficiale degli ebrei shabbisti. Lo spazio alla fantasia viene lasciato solamente agli sceneggiatori, che riescono a unire l’utile al dilettevole, rendendo la storia di Esty unica e avvincente. Infatti dopo essere fuggita e aver abbandonato definitivamente la propria comunità, decide di recarsi  a Berlino per inseguire il suo grande sogno di diventare una musicista. Nonostante sia molto difficile per lei adattarsi subito ai nuovi ritmi della città e alle tante novità che quest’ultima presenta, riesce ad entrare grazie ad una borsa di studio al conservatorio.

UNORTHODOX

La storia di Esther colpisce per molti aspetti, tuttavia il concetto di libertà che viene mostrato nella serie appare distante e completamente opposto a quello di una donna nel ventunesimo secolo. Se pur con tante difficoltà, si può certamente affermare che, negli ultimi anni in particolare, la lotta per l’emancipazione femminile sta ottenendo grandi risultati. Vedere perciò una giovane costretta a spegnere la propria voce e perdere completamente la propria anima per tradizioni controverse e obsolete, fa riflettere su quanto il mondo sia ancora indietro, e quanto alcune comunità religiose concepiscono ancora la donna come un oggetto, un essere il cui unico fine e scopo è quello di procreare. Non tutte sarebbero state capaci di assumere una scelta così difficile e abbandonare, per quanto possa essere opprimente, la propria unica famiglia e partire con qualche spicciolo in tasca.

UNORTHODOX

Tuttavia Esty si erige ad esempio per milioni di donne, non solo che vivono in comunità ultra–ortodosse, ma per tutte coloro che ogni giorno combattono per la propria libertà. Unorthodox è un grido di speranza:  in pochi minuti riesce a far provare sentimenti contrastanti a chiunque decida di vederla, indipendentemente dal sesso, dall’età e dall’orientamento religioso. Nonostante tutto rimanendo sempre politically correct nei confronti della comunità che viene rappresentata e nei confronti della protagonista, lasciando perciò spazio allo spettatore di decidere se la scelta di Esther sia giusta o sbagliata.  Una serie che va vista, se pur del tutto impossibile, senza pregiudizi e tenendo sempre a mente che quella rappresentata è una realtà vera che magari qualche donna, non troppo distante da noi, sta vivendo in questo preciso momento. Tutto ciò che noi ragazze diamo per scontato, dalla superficiale scelta di come vestirsi ogni giorno alla delicata decisione di avere un figlio, purtroppo in alcuni angoli non troppo remoti della terra non si chiamano più scelte ma sono regole obbligatorie da seguire.

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