• domenica , 28 Aprile 2024

Maschi contro femmine

di Angelica Petean

Sotto la voce di “femminismo” sul dizionario si legge “movimento diretto a conquistare per la donna la parità dei diritti nei rapporti civili, economici, giuridici, politici e sociali rispetto all’uomo”.

La storia di questo movimento però è da sempre stato costellato da immense difficoltà a causa del forte dislivello sociale tra uomini e donne che si protrae da prima di Cristo tant’è che di fatto, l’eguaglianza appare ancora lontana.

In Italia da anni si discute di quote rosa; l’obbiettivo è una parità di presenza di uomini e donne nei ruoli decisionali, dalle istituzioni alle aziende private; infatti se più della metà della popolazione circa è composta da donne, è difficile spiegare perché quella percentuale cambi così radicalmente nell’occupazione dei ruoli strategici di un Paese. L’argomento però risulta più complesso (per non dire controverso) di quello che si potrebbe pensare. Molti vedono in questa soluzione una contraddizione verso le conquiste passate, dal momento che l’enfasi puntata verso le quote rosa si rivelerebbe a discapito del merito e dell’eccellenza. Le argomentazioni di questa maggioranza sostengono che “una volta” le femministe erano solite puntare puntare su obbiettivi elevati come il voto o la parità di retribuzione, mentre ora mirano a rivedere la storia incentrata sul maschio, usando la loro indignazione per il passato patriarcale, e questa posizione è condivisa anche da parecchie donne influenti.

La saggista Lea Melandri infatti sostiene che le quote rosa ora come ora non servono alle donne per affermarsi, ma al contrario le riportano indietro alle prime lotte per l’emancipazione, quando la donna era ancora vista come una minoranza sociale verso la quale si doveva colmare uno svantaggio, garantendole tutela e valorizzazione; continua spiegando come solamente negli anni Settanta si mise in discussione questo approccio, mostrando come la discriminazione inizi nel momento stesso in cui una donna sia ricondotta solamente al sul fisico; non si riuscirà a dare un taglio alle discriminazioni se non si cambia l’approccio verso i modelli imposti dall’uomo.

Spesso però viene tralasciato il fatto che le quote rosa dovrebbero essere viste come una soluzione provvisoria in modo che possa servire da trampolino di lancio per la donna, ma senza dimenticarsi che il salto lo compie da sola. La considerazione dei meriti individuali e delle idee personali logicamente dovrebbe essere concepita senza essere vincolati dall’appartenenza di genere, ma può essere arduo e problematico fin in un Paese “illuminato” come l’Italia, ben lontano dalla misoginia in cui purtroppo si vive ancora in diversi Stati, ma dove comunque per quanto il sesso femminile statisticamente frequenti maggiormente le università, si laurei più velocemente e nel 71% dei casi (contro il 58% dei ragazzi) ottenga una valutazione superiore a 100, le donne impiegate siano solamente il 47.2% contro il 70.3% degli uomini lavoratori. Uomini e donne per forza sono diversi (e per fortuna) e sarebbe inutile negare che la forma mentis maschile abbia pregi diversi da quella femminile (e viceversa), ma è assolutamente barbaro e sconvolgente che nel 2020 il sessismo (lungi dall’essersi estinto) abbia trovato nuove forme di espressione sempre più sofisticate, sottili e ambivalenti per cui si è evoluto.

Come disse Rita Levi Montalcini: “Le donne non hanno mai dovuto dimostrare nulla se non la loro intelligenza”. Sarebbe apprezzabile se la visione condivisa del mondo cominciasse a riconoscerlo.

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