• venerdì , 29 Marzo 2024

Personaggi in cerca d’autore: Rita Levi Montalcini

di Cecilia Rossi

“Le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza. Sono femminista nel senso di voler ridare alle donne la dignità umana, e la capacità di utilizzare il cervello.”

E lei il cervello lo ha usato e soprattutto studiato.

Rita Levi Montalcini dedica l’intera vita alla scienza, è stata l’italiana simbolo della ricerca e vincitrice del Premio Nobel per la medicina.

Nasce a Torino nel 1909, dalla famiglia ebrea di Adamo Levi, ingegnere e matematico, e Adele Montalcini, pittrice, con i suoi fratelli: Gino, Anna e Paola, sua gemella.

Il profondo legame con la famiglia e l’ammirazione verso i genitori, le hanno trasmesso l’amore per il sapere e l’ottimismo che ha caratterizzato tutti i suoi rapporti interpersonali.

Non ha mai valutato le persone per il ruolo o per la classe sociale, ma solo per ciò che sapevano fare o per la luce che si accendeva nei loro occhi davanti alla scienza.

Ha sempre amato le persone, è stata sempre umanamente curiosa di chiunque avesse incrociato la sua strada.

Nella città natale trascorre l’infanzia e, nella sua autobiografia, racconta delle scarse attitudini sportive nel saltare la corda, nel gioco della settimana e nel lancio della palla.

Rita Levi Montalcini fu iscritta dal padre alla Scuola Superiore Femminile Margherita di Savoia ma, successivamente, riuscì a ribellarsi all’autorità paterna iscrivendosi alla facoltà di Medicina dove fu una delle illustri allieve del celebre medico Giuseppe Levi, maestro anche di Salvatore Luria e Renato Dulbecco, anch’essi celebri premi Nobel.

Si laurea in Medicina e Chirurgia nel 1936.

Specializzata in Neurologia e Psichiatria inizia ad approfondire la ricerca scientifica finché, nel 1938, le leggi razziali promulgate da Mussolini le impongono di scappare a Bruxelles per proseguire la sua carriera da ricercatrice.

Quando anche il Belgio fu occupato dall’esercito tedesco fece ritorno a Torino. Lavorò in laboratori di fortuna allestiti prima presso la sua abitazione di corso Re Umberto e poi in una casa di campagna vicino ad Asti, portando avanti i primi studi sugli embrioni di pollo che aprirono la strada ad un filone di ricerca legato per sempre al nome di Rita Levi Montalcini.

“Ad autunno inoltrato, come la maggioranza dei torinesi, decidemmo di trasferirci in una casetta su un’altura collinosa dell’Astigiano, a un’ora da Torino. Installai il mio laboratorio in un angolo della stanza adibita a camera da pranzo e ritrovo familiare. Le uova erano diventate scarsissime. Andavo in bicicletta da una collina all’altra, pregando i contadini di vendermele “per i miei bimbi”[…]. Una difficoltà che non avevo previsto, era che, lavorando su un piccolo tavolo della stanza comune, la mia attività cadeva direttamente entro il campo visivo di mio fratello Gino. Osservò con sospetto che […] anziché scartare l’uovo privato dell’embrione, lo portavo in cucina e lo utilizzavo per preparare il pranzo. Da quel giorno rifiutò le uova strapazzate e le frittate che sino allora aveva giudicato eccellenti.”

Nel 1947 accettò di collaborare con la Washington University di St. Louis.

Rimase quasi trent’anni oltre oceano studiando il sistema nervoso e  realizzò scoperte importantissime come l’esistenza del “fattore di accrescimento” delle fibre nervose, conosciuto come NGF, che gioca un ruolo importante nello sviluppo degli organi e dei tumori. Oggi viene impiegato per una maggiore comprensione e cura delle malattie neurologiche degenerative come l’Alzheimer.

La scoperta del fattore NGF le valse innumerevoli riconoscimenti internazionali e soprattutto il premio Nobel per la Medicina nel 1986 vinto insieme a Stanley Cohen, che in merito alla loro collaborazione anni prima le aveva dichiarato: “Rita, you and I are good, but together we are wonderful”.

Il Nobel non è stato un punto d’approdo, ma piuttosto un altro punto di partenza poichè ancora oggi molti laboratori lavorano seguendo questa intuizione. 

Nel 2001 è nominata senatrice a vita dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

La scienziata, impegnata fino alla fine sia a livello scientifico che sociale, affermava che “nel gioco della vita, la carta di maggior valore è rappresentata dalla capacità di avvalersi delle attività mentali e psichiche in proprio possesso”.

Si è spenta nel 2012 all’età di 103 anni nella sua abitazione romana ed è stata sepolta al Cimitero Monumentale di Torino.

Rita Levi Montalcini era una donna e una scienziata con un desiderio di conoscere tutto ciò che osserva al microscopio e tutto quello che spiegava il mondo, la vita e gli uomini.

In laboratorio era una forza della natura. Non le è mai sfuggito nulla di ciò che accadeva tra i banconi.

Era rapidissima nell’operare i topolini e rivolgendosi alla ragazza che glieli porgeva, con gentilezza tutta torinese, rispondeva: “grazie cara” oppure “grazie gioia”.

Era solita accompagnare i suoi articoli scientifici con illustrazioni curate quanto i vestiti che indossava. Rita infatti era sempre molto elegante, non certo per frivolezza, ma per un sincero amore per la bellezza e per il lavoro ben fatto.

Alle domande sulla sua intelligenza rispondeva: “Più che mediocre. I miei unici meriti sono stati impegno e ottimismo. […] Ho perso un po’ la vista, molto l’udito.

Alle conferenze non vedo le proiezioni e non sento bene.

Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente.

Rita Levi Montalcini fino all’ultimo al governo italiano ha continuato a chiedere: “Non cancellate il futuro di tanti giovani ricercatori che coltivano la speranza di lavorare in Italia”.

Per ascoltare il podcast dello storytelling clicca sul link di Valsonair

puntata del 25 marzo 2021
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