“Semina la pace e tu vedrai che la tua speranza rivivrà, spine tra le mani piangerai,
ma un mondo nuovo nascerà”
Queste frasi, forse così poco in linea con i tempi di oggi, sono un estratto della canzone preferita da Margaret Karram, terza presidente del Movimento dei Focolari, un movimento ecclesiale fondato da Chiara Lubich nel 1943 a Trento e ora diffuso in centottanta paesi del mondo e che conta circa 2 milioni di aderenti appartenenti ad ogni religione, fede, cultura, persone diverse ma che condividono lo stesso obiettivo, quello di creare un mondo unito.
Margaret nasce nel 1962 ad Haifa, in Israele, da una famiglia araba cristiana, di origine palestinese.

Conosce il movimento dei focolari quando ha 14 anni ed è proprio qui che matura in lei il desiderio di impegnarsi per il dialogo e la pace in favore di questa terra così martoriata. Spinta da questo sogno, nel 1984 va negli Stati Uniti, dove ben presto si laurea in Ebraismo all’Università ebraica di Los Angeles e, una volta tornata in Israele, collabora con la commissione Episcopale Nazionale per il dialogo interreligioso. Lavora per anni anche nel Consolato italiano a Gerusalemme ed è in questa meravigliosa città che lei realizza quanto sia profonda la divisione tra i popoli che convivono in questa terra e, purtroppo, anche quanto sia dolorosa la spaccatura tra la chiesa cattolica e quella ortodossa, che si contendono perfino il Santo Sepolcro.
Dal 2014 si trasferisce in Italia, a Roma, nel centro internazionale del Movimento dei Focolari per ricoprire ruoli di alta responsabilità e, nello stesso anno, è invitata in Vaticano a partecipare alla cerimonia di invocazione per la pace presieduta da papa Francesco e dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. È l’unica donna e in questa occasione recita, in arabo, la preghiera per la pace di San Francesco, alla presenza non solo del santo padre e del patriarca ma anche del Presidente israeliano Shimon Peres e dell’autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas. Infine, nel gennaio del 2021 viene eletta Presidente del Movimento dei Focolari (che per legge deve essere sempre una donna), ma a lei l’appellativo di”Presidente” non piace, preferisce piuttosto quello di “figlia della chiesa”, perché vuole dedicare la sua vita al servizio di essa.
Per il suo impegno nello sviluppo del dialogo tra culture e religioni diverse, Margaret ha vinto numerosi premi e riconoscimenti, in particolare nel 2013 è stata insignita del Premio per la Riconciliazione “Monte Sion” e nel 2016 ha ricevuto un riconoscimento internazionale per aver favorito il dialogo partendo dalla quotidianità della vita vissuta.
Margaret è nata e cresciuta nella Terra di Gesù, una terra multietnica, multiculturale, una terra di conflitti e di conquiste. Haifa, infatti, è una città “porto”dove convivono tre religioni diverse, ma lei ci tiene a specificare che esse convivono nella pace ed è proprio qui che ha imparato l’arte del dialogo, sui banchi di scuola, una scuola in cui la metà degli studenti era cristiana, mentre l’altra metà era musulmana.

La sua era l’unica famiglia cristiana in un quartiere totalmente ebraico; suo padre, infatti, fu uno dei pochi palestinesi che scelsero di rimanere lì dopo la guerra arabo-israeliana del 1948, a seguito della quale la città di Haifa venne assegnata per volontà dell’ONU alla componente ebraica, causando decine di migliaia di sfollati palestinesi, molti dei quali scapparono in Libano. Margaret ha confidato che spesso si è sentita emarginata, ma i suoi genitori le hanno sempre insegnato a vivere nel perdono verso gli altri e nell’accettare il diverso da sé.
A questo proposito, lei racconta un episodio molto toccante della sua infanzia, avvenuto durante il periodo degli accesi conflitti tra Israele e i paesi arabi: aveva circa cinque anni e mentre giocava con gli altri bambini, questi hanno cominciato ad insultarla così pesantemente che lei non riuscì a trattenere le lacrime e tornò a casa piangendo, dicendo a sua madre che non avrebbe giocato mai più con loro. La mamma, che in quel momento stava cucinando il pane arabo le disse: “Ora asciugati le lacrime, va fuori, chiama questi bambini e invitali a casa nostra”. Margaret racconta la difficoltà che ha provato nel dover superare i suoi limiti, ha dovuto mettere da parte il suo ego e la sua rabbia, per andare a chiamare quei bambini, che poco prima l’avevano fatta soffrire così tanto. Quando questi arrivarono in casa, la madre diede a ciascuno di loro una pagnotta da portare alle proprie famiglie, come dono e il giorno dopo, davanti alla porta di casa Karram, vi erano i genitori di questi bambini, venuti per ringraziare e conoscere la sua famiglia. Margaret dirà poi in un’ intervista che quest’atto fu per lei emblematico, perché le ha insegnato come un piccolo gesto d’amore verso il prossimo, verso chi è diverso o addirittura “nemico”, possa superare le paure e costruire la pace.

La paura, qualcosa a cui noi in questo periodo siamo fin troppo abituati e Margaret ne sa certamente qualcosa. La Terra Santa, come abbiamo già detto, è sempre stata una terra di conflitti, fin dall’antichità. In particolare dal 1947 ad oggi sono migliaia gli scontri e gli attentati che hanno visto protagonisti l’esercito israeliano da una parte e le organizzazioni palestinesi dall’altra. In quei luoghi la vita è impregnata di paura e questa, molto spesso, genera odio, tanto che, racconta Margaret, quando era piccola neanche si poteva pronunciare la parola “Palestina”. Per fortuna in lei non si generò odio o paura, crebbe invece un forte sentimento di giustizia che oggi la porta ad impegnarsi attivamente per la costruzione di un mondo di pace.
Da brava focolarina Margaret ci dà un antidoto per vincere la paura, si tratta di vivere una semplice frase del vangelo, una sorta di mantra che nel mondo dei Focolari è detta “la regola d’oro”, ossia: “Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te“. Significa rispettare il prossimo mettendosi nei suoi panni, rimanendo aperti al dialogo, che non vuol dire semplicemente ascoltare, ma proprio farsi attraversare dall’altro essendo poi anche capaci di cambiare la nostra opinione e le nostre posizioni. A volte può essere veramente difficile, confessa Margaret, soprattutto quando bisogna confrontarsi con culture e tradizioni che sono molto diverse dalla nostra e che magari non rispettano la dignità stessa della donna. “Si può dialogare proprio con tutti?” le chiesero una volta, “Con tutti” rispose lei, “Anche se non sempre è facile. Nella mia esperienza tante volte mi hanno detto “Lei è una donna” oppure “Lei è araba e non può mangiare con noi”. Potete immaginare come mi sono sentita in quel momento, avevo proprio la tentazione di andarmene, facendomi prendere dall’orgoglio e dalla rabbia. Però ho pensato “ Cosa posso fare per cercare di continuare a costruire un dialogo con queste persone?” Mi sono data la risposta: rispettare la loro sensibilità. E vi assicuro che alla fine di questo evento, questa persona, che era di un’altra religione, è venuta da me, mi ha ringraziato e mi ha stretto la mano dicendo “Mi sembra che da nemici, possiamo dire di aver costruito un’amicizia”.
Insomma, forse adesso capiamo un po’ di più perché a Margaret Karram, una donna che si potrebbe definire rivoluzionaria, stia così a cuore la canzone citata all’inizio del complesso “Gen Rosso”.
“Semina la pace e tu vedrai che la tua speranza rivivrà, spine tra le mani piangerai,
ma un mondo nuovo nascerà”
Per riascoltare il podcast: http://valsonair.liceovalsalice.it/podcast/puntata-del-8-aprile-2021