Gli anni sessanta sono un periodo di boom economico, aumento demografico e innovazioni tecnologiche. Sono anche gli anni della costruzione del muro di Berlino, della guerra in Vietnam e della Crisi di Cuba. Nascono i Beatles, c’è il concerto di Woodstock che rimane l’evento più importante della storia del rock, ed emergono numerosi movimenti di protesta tra i giovani. Sono gli anni del cosiddetto Sessantotto, della Contestazione, in cui gli studenti rivendicano un senso di libertà che fino ad allora secondo loro gli era stato vietato, c’è un desiderio di protesta, di cambiamenti post guerra e di creare scalpore.

In quel periodo la musica era un mezzo per aggregarsi e per esprimersi. Non c’erano i social su cui condividere dei tweet con le proprie opinioni, o iPod da cui scaricare musica. C’erano cassette e vinili, ci si scambiava tutto tra amici e si condivideva così la propria musica. Era un modo per far parte di qualcosa, ci si sentiva uniti perché appartenenti a quel filone che esprimeva quelle determinate idee.
Nella musica vintage, le parole delle canzoni sono cariche di significato, esprimono perfettamente “il caos” del contesto storico in cui sono state scritte. Per citarne qualcuno, l’esempio più conosciuto è il testo della canzone Imagine di John Lennon. Un inno alla pace, che esprime il desiderio di un mondo migliore: privo di guerre e ingiustizie.

Oggi le esigenze sono cambiate, i giovani hanno tutto e non sentono il bisogno di esprimere nulla. Infatti i testi della musica trap, che ormai ha sostituito il bel canto che rappresentava l’Italia nel mondo, sono privi di significato. Le poche parole che ci sono sembrano essere lì per sbaglio e si sono ridotte ad essere dei monosillabi.
Questi ultimi due anni di pandemia hanno lasciato un segno nelle persone, e se non porteranno ad una guerra porteranno sicuramente a insurrezioni e malcontento. Forse allora i giovani torneranno a comporre musica di valore esprimendo le proprie idee, sperando in un mondo migliore.