Esplicite. Violente. Razziste. Dissacratorie. Questi i primi aggettivi che vengono in mente guardando le vignette pubblicate sul giornaletto Charlie Hebdo.
7 gennaio 2015, due terroristi entrano nella sede parigina del giornale satirico Charlie Hebdo e uccidono a sangue freddo dodici persone gridando: “Hallah Akbar” (“Hallah è il più grande”). Così come molte altre persone erano rimasti offesi, ma dove il normale credente rimane offeso, l’estremista musulmano mostra un segno più concreto del suo sdegno. Dodici morti per delle vignette. Dodici morti per che tocca il loro profeta.
L’atto estremo che siamo stati costretti a vedere è la dimostrazione dell’effetto che può avere una fede interpretata male, una fede usata per spargere terrore, odio e morte. L’attentato ha sconcertato il mondo occidentale che subito ha difeso il diritto della libertà di espressione eleggendo il giornale afflitto come suo paladino e liberando uno di quei mostri mediatici che si vedono sempre più spesso: “Je suis Charlie“.
Televisione, Facebook e Twitter riempiti. Ma alcuni, invece di condividere questa frase sfruttandola per ottenere qualche “mi piace”, si sono soffermati a cercare e guardare queste vignette. Esplicite. Violente. Razziste. Dissacratorie. E’ questo che vogliamo difendere? La libertà di espressione dovrebbe essere difesa da chi la vorrebbe ridurre e da chi ne abusa. Charlie Hebdo ne ha abusato. Si può parlare di qualsiasi cosa, ma civilmente e con rispetto verso gli altri.
Frasi come: “Il Corano è una m*** e non para i proiettili” non solo non fanno ridere, ma offendono anche i poveri credenti cui non interessa nulla delle sporche questioni politiche. Il rispetto è la prima cosa, che va anche anteposta al diritto di esprimersi. Esprimersi non vuol dire insultare, ma dialogare civilmente con un’altra persona. Come giustamente ha detto il Papa, se qualcuno insultasse vostra madre, gli dareste un pugno. Questo non vuol dire giustificare l’atto terroristico, come qualcuno ha detto, ma cercare di impedire insulti e offese gratuite per evitare atti estremi come quelli che abbiamo visto.
Un’altra cosa fondamentale è che la libertà di esprimersi dovrebbe essere la stessa in tutti i casi, non invece basata sul fragore dell’opinione pubblica e dei media. Il comico francese Dieudonnè è stato arrestato per la frase: “Je suis Charlie Coulibaly”. (Coulibaly è uno degli attentatori di Charlie Hebdo). Arrestato. Charlie Hebdo invece è stato eletto paladino della libertà e passerà così alla storia. L’ipocrisia ha raggiunto livelli ridicoli. Sarebbe stato bello se le persone non si fossero fatte catturare da questa trappola.
Sarebbe stato bello se avessero condannato la comicità di Charlie Hebdo come pesante e offensiva. Ma ai media fa sempre più comodo il clamore mediatico. Ma qualcuno ha il coraggio di dire: Je ne suis pas Charlie.