Una vera e propria guerra. Non si può ancora sapere chi vincerà ma nell’ultimo periodo l’olio di palma, ha subìto due grandi attacchi.
Durante alcuni controlli l’Efsa ha segnalato lo sviluppo di componenti cancerogeni durante il riscaldamento in grado di modificare il dna. Gli stessi consumatori italiani hanno dimostrato che ciò è presente anche in molti prodotti per l’infanzia come latte in polvere, biscotti e snack.
Con questi due forti colpi l’Altroconsumo rilancia una nuova petizione per richiedere regole più stringenti sull’utilizzo smisurato ed inconsapevole dell’ingrediente.
Questo appello, già lanciato in precedenza due anni fa con più di 176 mila firmatari, è rivolto principalmente al Ministero della Salute (per il ritiro dei prodotti) e al Governo (per dimostrare all’unione europea la presenza di elementi tossici e cancerogeni).
Un piccolo ma importante obiettivo è già stato raggiunto con l’obbligo di indicare sulle etichette dei prodotti la fonte dell’olio di origine vegetale (girasole, colza, cocco, palma)
Oltre alla nocività dell’ingrediente,per l’elevato contenuto di grassi saturi, esso comporta anche un grande rischio ambientale. Questo è dimostrato dai 18,5 milioni di ettari bruciati tra la Malesia e l’Indonesia per la coltivazione ad olio di palma a scapito delle foreste tropicali.
Il problema però , come tiene a precisare Michele Gulizia, non è di per se l’olio ma il suo consumo eccessivo e spropositato. Tra il 2005 e il 2014 l’importazione in Italia è cresciuta del 57% producendo gravi danni cardiovascolari anche nei bambini, grandi consumatori di biscotti, cracker, fette biscottate, prodotti da forno, merendine.
Ovviamente i maggiori produttori di alimenti tentano di difendere il loro tesoro. E’ stata così creata l‘unione dell’olio di palma sostenibile, costituita da multinazionali che utilizzano l’olio di palma nei loro alimenti (Ferrero, Nestlè, Unilever) e da alcune confindustrie.
Quanto alla sostenibilità delle produzioni, la palma vanta una migliore resa per ettaro. Ha una resa media di 3,47 tonnellate per ettaro: cinque volte più della colza, sei più del girasole, nove più della soia e undici più dell’olio di oliva.